domenica 28 agosto 2016

DIALOGHI: Dove sono gli "altri"?

"La paura di non essere crea il possesso: il mio corpo, la mia automobile, la mia sofferenza, mia nonna, il mio gatto ...
Si dice che si è buoni, coraggiosi, impauriti, folli, perché si ha bisogno di sentirsi."

D: "Non posso dire "il mio gatto?"


"Puoi dire quello che vuoi, ma stai usando il pensiero e il linguaggio per nominare e comunicare. Serve solo a questo. Sei certo che ci sia un gatto lì? Trovami un gatto che non puoi percepire. Trovami il gatto del tuo vicino, ora. Dov'è?"


D: "Se vuoi andiamo a vederlo .."


"Devi ricrearlo, altrimenti non esiste. Tutto ciò che conosci della natura lo devi sempre conoscere attraverso un contatto. Quando tocchi tua moglie, senti sempre il tuo corpo. Ogni cosa che percepisci ti rimanda sempre a te stesso. Se manca questa chiarezza, ogni tentativo di indagine interiore sarà un fraintendimento. Quando mangi una mela, senti la tua lingua. Non puoi essere certo di un mondo, puoi solo e sempre sentire te stesso. Puoi conoscere solo l'attività elettrica del tuo cervello, che tra l'altro se stimolato in certe zone può produrre emozioni senza bisogno di vivere certe esperienze. Dov'è il tuo mondo pieno di gatti?"


D: "Non è detto che non esistano."


"Non puoi sapere se c'è qualcosa la fuori. Dov'è fuori? Hai talmente paura della portata della cosa che hai bisogno di giustificare l'esistenza di qualcosa, eppure è facilmente sperimentabile tutto questo. Ogni domanda nasce sempre da un concetto fisso. Senza concetti è impossibile fare domande, perché ogni domanda rimanda sempre a questo pretendere di sapere. Attraverso la ricerca di risposte si accumula sicurezza. Ogni volta che ti svegli al mattino e dici "mia moglie" hai una sicurezza in più. Per non finire in manicomio vivi con tua moglie, ma profondamente sai bene di non sapere. Ogni minima certezza indica una paura."


venerdì 26 agosto 2016

DIALOGHI: Una mente disponibile

"Ti seguo sempre con interesse, ma a volte ho veramente difficoltà a capirti .."


"Non c'è da capire! Le parole non spiegano. Un quadro non pretende di spiegare il silenzio da cui è stato generato. Il quadro è un'espressione di quel silenzio, tanto quanto un colapasta. Negli anni ci è stato insegnato a credere alle parole, e le parole hanno congelato la vita. Il pensiero deve funzionare nel modo che gli è proprio, cioè disconnesso, senza bisogno di dover conversare con se stessi anche quando la situazione non lo richiede. Il suo unico scopo è quello di nominare e creare concetti per non finire in manicomio. Il pensiero ha un suo ritmo, entra in gioco solo quando serve, come le gambe. Tentare di capire è un tentativo di giungere a qualcosa. Ancora una volta la mente ha bisogno di appropriarsi. L'attore nel film cerca di toccare lo schermo, finché non si rende conto che non è l'attore, ma la lo schermo stesso."

"Se i pensieri non sono sotto il mio controllo, come posso interromperli? Come posso trovare il silenzio?"

"La mente non può diventare silenziosa, salvo che in apparenza e forzatamente per certi momenti, ma si può rendere disponibile al silenzio. E' una differenza centrale. Ogni rumore rimanda al silenzio, non va contro di esso. Ogni emozione parla del silenzio, non lo disturba.
Quando cerchi di raggiungere il silenzio, fai molto rumore.

“Si può usare la meditazione, la presenza, lo yoga, per ritrovare l’essenziale?”


“No, impossibile. Lo yoga, come tutte le arti, sono un’espressione della libertà, non un mezzo per ottenerla.”


“Sembra un paradosso.”


“Per il pensiero si. Bisogna domandarsi perché si fa yoga, anziché comprare un libro, fare un figlio, giocare alla playstation ..
Se ti dicessi che meditare non porta a niente, continueresti a farlo?
L’ego pensa che alcune attività siano più meritevoli di altre, e quindi si sente più puro a mangiare insalate piuttosto che carne. In realtà ogni attività ha come base la ricerca dell’armonia, sia che si pratichi yoga, sia che si vada in discoteca. Su un certo piano, però, l’attività è una compensazione di una mancanza. Lo si capisce chiaramente quando non si può fare ciò che si vorrebbe. Se l’attività non è possibile, questo non crea conflitti, diversamente c’è tensione e ci si cerca nell’attività. Esiste un'enorme differenze tra attività e azione. Senti di dover aiutare qualcuno che sta annegando e, senza pensare, ti tuffi in acqua. Quella è un'azione vera, spontanea, senza agente. Puoi sentire invece il bisogno di aiutare in generale, e allora hai bisogno di qualcuno che stia peggio di te. Questa è un'attività, ed è sempre dipendente da una motivazione. Un vero pianista suona anche in mancanza di un pianoforte. Meditare significa ascoltare, e l’ascolto è l’annullamento di colui che ascolta e dell’oggetto ascoltato. Siamo ascolto. Allo stesso modo si può amare qualcuno ed essere talmente pieni da sentire di dare senza chiedere nulla in cambio. Se è una compensazione, allora si ha bisogno di donare, ma in realtà si chiede. Stare soli produce infelicità, e quindi si cerca il bisogno di amare qualcuno ... anche questo è un caso molto comune chiamato ingenuamente amore. Un’attività sentita può portare a dei conflitti funzionali, ma non psicologici. Dunque chiedersi, perché medito anziché fare uscire il cane? Perché faccio yoga anziché andare al cinema? Perché faccio arti marziali anziché ubriacarmi?


“Perché il flusso di pensieri non si interrompe mai?”


“Perché” è la domanda sbagliata.
Chiedersi il perché di questo e di quello, è nutrire la persona psicologica.
L’indagine interiore non è l’arte di porsi questa domanda, se non ad un livello iniziale, altrimenti è pura filosofia, un bisogno di coprire l’insicurezza. Interiorità significa sentire, non chiedersi. In qualche modo la domanda rimanda sempre il contatto con la paura di sentire. La domanda è ancora una volta il bisogno di creare un essere pensante e un pensiero separato da esso."





martedì 23 agosto 2016

DIALOGHI: La relazione profonda


“Come si costruisce una relazione profonda?”


“Non si costruisce. Una relazione profonda vuol dire una relazione facile. Non si fabbrica niente, non si fa il minimo sforzo. Se devo fare uno sforzo sessuale, non è una relazione profonda.
Questo non significa che non si ama, perché l’amore viene prima di tutto questo. Tuttavia una relazione si costruisce su più piani. Se, intellettualmente, devo fare degli sforzi per farmi capire, non c’è intesa, la relazione non è profonda. Se emotivamente ci si sofferma spesso ad ammirare gli alberi, e l’altra persona con cui si sta sbuffa e si annoia, molto probabilmente non c’è relazione emotiva.


“Qualche altro esempio sul piano mentale?”


“Fai caso a quando parli con qualcuno, cercando di sorvegliare continuamente ciò che dici per non ferire, o quando ti imponi di non risultare in un certo modo buffo perché l’altro potrebbe pensare che sei scemo. Intimità significa che si può dire di tutto.
Il problema si crea non quando c’è attrazione fisiologica, ma psicologica. Qualche anno dopo, quando la mia immaginazione è cambiata, non riesco a capire come posso aver perso la testa per quella persona … eppure lei è rimasta sempre la stessa.
Perdere la testa, innamorarsi in quel senso, è una compensazione, un’emozione che ci lascia presto. Essere sensibili significa riconoscere chiaramente la possibilità di una relazione facile, quindi profonda. In questa sensibilità non c’è spazio per le forzature. Può esserci risonanza fisiologica, ma non bisogno fisiologico. La sessualità non è un bisogno, ma una possibilità. Toccare ed essere toccati è un’espressione di affetto, non un bisogno. Quando qualcuno passerà vicino si sentirà che con questa persona, a letto, sarebbe stupendo … ma non è necessario fare nulla. Una forma di gioia è già presente. Quando si ammira un fiore, non è necessario strapparlo e tenerlo per sé. Quando si va in un museo non è necessario portarsi a casa il quadro. Quando si viaggia non è necessario scattare foto in continuazione. L’ego cerca sempre di appropriarsi di tutto, perfino del passato e del futuro. Sentire la possibilità significa già viverla, non è necessario compierla. Se qualcosa accadrà, lo farà da sé. Ci potrà essere esclusività esteriore, ma interiormente no. Interiormente non si ama qualcuno piuttosto che un altro.”






sabato 20 agosto 2016

DIALOGHI: Cambiamento e indecisione

D "Puoi parlarmi dell'indecisione e del cambiamento?"

"L'indecisione non va risolta con una scelta, va compresa. Indica una mancanza di risonanza e di richiamo. Ciò che si vuole non consente dubbi. Quando qualcosa o qualcuno richiama profondamente, non c'è indecisione, c'è azione. L'indecisione indica una mancanza di risonanza.
Allora la domanda è: cosa si vuole?
La vera domanda però è un'altra: prima di sapere cosa vuoi, sai chi sei?
Riconoscere che la persona è solo una forma di abitudine, e non desidera il cambiamento, perché esso implica la cancellazione di questa auto-idea del "me".
Normalmente si cercano dei cambiamenti futili: cambio fidanzato, cambio taglio dei capelli, cambio automobile, cambio religione, cambio città."

D "Alcuni di questi non sembrano futili."

"Puoi cambiare città ma rimanere lo stesso, trascinandoti le tue proiezioni, paure, abitudini, false sicurezze. Non è l'oggetto del cambiamento a determinare una vera trasformazione. Il vero cambiamento cancella il vecchio, non si somma ad esso. Inoltre il vero cambiamento è verticale, non è legato al tempo e alle circostanze. Avviene in profondità, e la sua forza modifica anche gli eventi. L'errore è cercare un cambiamento del genere, come nella spiritualità del desiderare e dell'attrarre. Nessuna persona vuole un reale cambiamento, perché questo implica l'abbandono dell'idea stessa di persona. La mente può solo volere un cambiamento in relazione a ciò che conosce, dunque prende il passato e, modificandolo, lo proietta nel futuro. Ogni obiettivo, speranza, desiderio sarà sempre della parte informatica del pensiero, quella che proietta un mondo che già conosce e in cui si sente al sicuro.
Non si sceglie di cambiare, quella è la mente che cerca sicurezza, non felicità. Un cambiamento importante è presentito in lontananza attraverso l'incontro con una persona, la visita in un luogo... l'atmosfera cambia. Questo presentimento trascina un senso di paura, perché indica qualcosa che non è legata al conosciuto. E' un cambiamento che si avverte come inevitabile, simile ad una piccola morte, perché tutta la struttura mentale dell'io è messa a rischio. Non si pretende nemmeno di muoversi senza paura, perché questa si fa sentire più forte, ed è il segno che il cambiamento è rilevante. Ci si muove, dunque, nonostante la paura. L'elemento paura è segno che il cambiamento è già in atto. La persona vorrebbe cambiare, ma solo a partire dal conosciuto, e questo non è un vero cambiamento. Quando si ha il coraggio di mettere in discussione la propria auto-idea, allora si è disponibili ad un cambiamento che inglobi anche le false sicurezze.
Il messaggio quindi è: nessuno può e vuole cambiare. Il cambiamento è parte di un processo più grande, fuori dal controllo personale. L'indecisione indica un'assenza di vero richiamo. I cambiamenti che spaventano di più sono, infatti, quelli più interiormente significativi.
In un'ottica più ampia, senza interpretazione personale, ciò che cambia è inevitabile che lo faccia.


martedì 16 agosto 2016

DIALOGHI: Lasciar espandere il dolore

Puoi perfavore dirmi cosa intendi dicendo "lasciarlo espandere a livello fisico"? Grazie!

Quando si riceve uno schiaffo, per esempio, il dolore inizialmente è localizzato sul viso. Quando i muscoli facciali si contraggono, il dolore non può espandersi, soprattutto a causa della storia "ho ricevuto uno schiaffo, non dovevi" che sposta l'attenzione dal dolore al fastidio emotivo. Se non si crea storia, il dolore si può espandere fino a divenire meno intenso. Allo stesso modo, ad esempio, la tristezza rivolta ad un motivo è una contrazione. Quando la tristezza non ha motivo diventa malinconia, e si espande scivolando su tutto il corpo, estendendosi oltre questo.


sabato 13 agosto 2016

DIALOGHI: Traumi del passato

D - "Come comportarsi con i traumi del passato?"

"Tutto ciò che è inutile cade da solo senza dargli attenzione. Il trauma non è passato, ma presente. Il problema è adesso, e non è necessario cercarlo nel passato. Quando la priorità non viene più data alla storia che lega il trauma all'oggetto in questione (il papà, il cane nero, lo schiaffo del compagno di scuola, la violenza sessuale subita ..), può finalmente essere sentito nel corpo senza psicologia. Dove si colloca il trauma? Che colore ha? Che forma ha? Come si muove? Lasciarlo espandere a livello fisico togliendo la storia di cui l'io si serve per mantenerlo. Prima o poi, con questo approccio, il trauma andrà via da sé. Finché servirà, allora dovrà restare."


venerdì 12 agosto 2016

DIALOGHI: L'utilità del passato

D "Il passato può essere utile in qualche modo?"

"La vita non conosce errori di percorso o scelte sbagliate. Il pensiero crede di avere due o più scelte, ma basta rivedere il proprio passato per accorgersi che la strada è una. Questo è un modo utile di rivedere il passato."

D "Una decisione va presa ..."

"Romanticamente parlando sì, ma tu vedi il tuo film, e la decisione o meno fanno ancora parte del film. L'attore crede di avere scelta, ma se si sposta il punto di vista, nel film l'attore non ha scelta."


D "Non possiamo fare nulla?"

"In una visione propedeutica puoi decidere se fare resistenza o mollare la presa. Questo è ciò che bisogna sapere prima di tutto, non per questioni spirituali, ma per la tua salute e per essere più efficace. Dal punto di vista non personale, che è quello che ci interessa qui, tutto ciò che pensi o fai è imprevisto perfino a te stesso. E' spaventoso per l'ego, ma è liberatorio al di fuori di esso."

mercoledì 3 agosto 2016

Dialoghi: Alimentazione e spiritualità

“Che relazione c’è tra cibo e coscienza?”

“Per cibo io considero qualsiasi forma di nutrimento, compresi pensieri ed emozioni. Si può essere vegetariani, pur continuando a nutrirsi di risentimento, senso di colpa e pregiudizio. A questo punto essere o non essere vegetariani è come tentare di sistemare l’albero dimenticandosi della foresta.”

“Ma ci sono cibi più salutari che altri.”


“Se si mangia un cibo sano è per la gioia di farlo, non perché faccia bene alla salute, perché la salute è un concetto. Non esiste “stare bene”, perché per la nostra società questa è solo l’ennesima ricerca di giungere a qualcosa. Il corpo avverte un dolore, un disagio, e fa il possibile per liberarsene. Il corpo non ama i piaceri prolungati, dunque la condizione migliore è uno stato di assenza di dolore. Non è necessario creare concetti per questo. Se domani ti fai investire da un’automobile o precipiti con l’aereo, il non aver mangiato una bistecca non farà una grande differenza.”


lunedì 1 agosto 2016

DIALOGHI: Desiderare è troppo poco


D - "La questione sul desiderio ritorna, come elemento di disturbo alla tranquillità .. [ ... ]"

R - "Il problema non è il desiderio, ma le immagini costruite intorno. Crediamo di volere quella data cosa, ma in verità profondamente vogliamo tutto, quindi non abbiamo bisogno di niente. L'energia del desiderio, finché è mirata verso un oggetto, non solo esterno (persone, cose, professioni, ...) ma anche un'immagine di realizzazione interiore, esclude tutto il resto.
Senza immagini l'unico desiderio che rimane è il desiderio della vita. Il pensiero è troppo lento per desiderare tutto, ha bisogno di qualcosa su cui orientarsi. Inoltre, poi, rimane intrappolato su una ragnatela: se il desiderio è realizzato, ben presto ci lascia con un vuoto che ci spinge a desiderare qualche altra cosa, mentre se non è esaudito porta frustrazione. Desiderare una data cosa succede, ma credere che quella data cosa sia ciò che desideriamo profondamente è un errore."