venerdì 26 agosto 2016

DIALOGHI: Una mente disponibile

"Ti seguo sempre con interesse, ma a volte ho veramente difficoltà a capirti .."


"Non c'è da capire! Le parole non spiegano. Un quadro non pretende di spiegare il silenzio da cui è stato generato. Il quadro è un'espressione di quel silenzio, tanto quanto un colapasta. Negli anni ci è stato insegnato a credere alle parole, e le parole hanno congelato la vita. Il pensiero deve funzionare nel modo che gli è proprio, cioè disconnesso, senza bisogno di dover conversare con se stessi anche quando la situazione non lo richiede. Il suo unico scopo è quello di nominare e creare concetti per non finire in manicomio. Il pensiero ha un suo ritmo, entra in gioco solo quando serve, come le gambe. Tentare di capire è un tentativo di giungere a qualcosa. Ancora una volta la mente ha bisogno di appropriarsi. L'attore nel film cerca di toccare lo schermo, finché non si rende conto che non è l'attore, ma la lo schermo stesso."

"Se i pensieri non sono sotto il mio controllo, come posso interromperli? Come posso trovare il silenzio?"

"La mente non può diventare silenziosa, salvo che in apparenza e forzatamente per certi momenti, ma si può rendere disponibile al silenzio. E' una differenza centrale. Ogni rumore rimanda al silenzio, non va contro di esso. Ogni emozione parla del silenzio, non lo disturba.
Quando cerchi di raggiungere il silenzio, fai molto rumore.

“Si può usare la meditazione, la presenza, lo yoga, per ritrovare l’essenziale?”


“No, impossibile. Lo yoga, come tutte le arti, sono un’espressione della libertà, non un mezzo per ottenerla.”


“Sembra un paradosso.”


“Per il pensiero si. Bisogna domandarsi perché si fa yoga, anziché comprare un libro, fare un figlio, giocare alla playstation ..
Se ti dicessi che meditare non porta a niente, continueresti a farlo?
L’ego pensa che alcune attività siano più meritevoli di altre, e quindi si sente più puro a mangiare insalate piuttosto che carne. In realtà ogni attività ha come base la ricerca dell’armonia, sia che si pratichi yoga, sia che si vada in discoteca. Su un certo piano, però, l’attività è una compensazione di una mancanza. Lo si capisce chiaramente quando non si può fare ciò che si vorrebbe. Se l’attività non è possibile, questo non crea conflitti, diversamente c’è tensione e ci si cerca nell’attività. Esiste un'enorme differenze tra attività e azione. Senti di dover aiutare qualcuno che sta annegando e, senza pensare, ti tuffi in acqua. Quella è un'azione vera, spontanea, senza agente. Puoi sentire invece il bisogno di aiutare in generale, e allora hai bisogno di qualcuno che stia peggio di te. Questa è un'attività, ed è sempre dipendente da una motivazione. Un vero pianista suona anche in mancanza di un pianoforte. Meditare significa ascoltare, e l’ascolto è l’annullamento di colui che ascolta e dell’oggetto ascoltato. Siamo ascolto. Allo stesso modo si può amare qualcuno ed essere talmente pieni da sentire di dare senza chiedere nulla in cambio. Se è una compensazione, allora si ha bisogno di donare, ma in realtà si chiede. Stare soli produce infelicità, e quindi si cerca il bisogno di amare qualcuno ... anche questo è un caso molto comune chiamato ingenuamente amore. Un’attività sentita può portare a dei conflitti funzionali, ma non psicologici. Dunque chiedersi, perché medito anziché fare uscire il cane? Perché faccio yoga anziché andare al cinema? Perché faccio arti marziali anziché ubriacarmi?


“Perché il flusso di pensieri non si interrompe mai?”


“Perché” è la domanda sbagliata.
Chiedersi il perché di questo e di quello, è nutrire la persona psicologica.
L’indagine interiore non è l’arte di porsi questa domanda, se non ad un livello iniziale, altrimenti è pura filosofia, un bisogno di coprire l’insicurezza. Interiorità significa sentire, non chiedersi. In qualche modo la domanda rimanda sempre il contatto con la paura di sentire. La domanda è ancora una volta il bisogno di creare un essere pensante e un pensiero separato da esso."





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