martedì 27 settembre 2016

DIALOGHI: Un passo alla volta

"Un passo alla volta. 
Non si può fare altro. Chi procede un passo alla volta si gode il percorso, e si ritrova alla meta senza sapere come. La vita, momento per momento, ci suggerisce il passo. La situazione ci suggerisce la mossa da fare. L'intenzione personale blocca l'azione, perché colma di paura di non sapere. Allora le azioni diventano vuote, solo una fuga. Il problema si incontra quando vogliamo conoscere in anticipo, pianificare tutto, proiettare un'immagine di noi troppo in là. "Come ti vedi tra 5 anni?." "Che vuoi fare nella vita?." "Come farai se poi..." sono solo alcuni esempi delle paure tradotte in false sicurezze. Ciò che blocca è il timore di sbagliare. Non si sbaglia mai. Niente può dirci come sarebbero andate le cose se... È sufficiente lasciare che il vuoto manifesti l'azione. È sufficiente seguire il presentimento, e se sembra non esserci via d'uscita, osservare come abbiamo proiettato solo un'idea o una direzione possibile. Non si fugge, non si rimane, semplicemente si ha la sensibilità di attendere la mossa che la vita da sola ti fa fare."



lunedì 26 settembre 2016

DIALOGHI: Vivere pienamente

D "Sento chela mia vita non è vissuta pienamente"

"Si parte da ciò che c'è, dal posto in cui ti trovi. Sei in auto, bloccato in un ingorgo, e vorresti già essere a casa per cena. Osserva. Rimandi la vita con la storia che dovresti essere da qualche altra parte. Per vivere pienamente è necessario accorgersi che si ha paura di vivere pienamente. Se non si riesce a vivere con pienezza il rimanere bloccati nel traffico, non si riuscirà nemmeno a godere dei nostri desideri quanto si realizzeranno. Diventa intimo con l'abitudine di voler ragione e che gli altri sbagliano, e osserva come ogni persona che incontri pensa la stessa cosa. E' un modo molto limitato di vivere."


martedì 20 settembre 2016

DIALOGHI: Ascoltare

"Come si impara ad ascoltare?"

"Si vede come costantemente siamo in procinto di afferrare qualcosa. Mentre parliamo abbiamo bisogno di giungere ad una conclusione, quando incontriamo qualcuno dobbiamo farlo rientrare dentro una categoria, mentre parliamo cerchiamo di convincere e convincerci. Finché la nostra priorità è diretta ai concetti, le teorie, le idee e opinioni, non ascolteremo mai. Il vero ascolto è la scomparsa dell'immagine soggetto - oggetto. Ascoltare significa non direzionare l'attenzione in un contesto particolare, perché ascolto è apertura assoluta, non concentrazione. Si è ascolto, l'ascolto non si impara. In questa disponibilità la parola giusta emerge, non dalla conoscenza, ma da una fonte silenziosa e limpida, che non pretende. Nessun consiglio è possibile, per esempio, all'interno dell'interesse personale. Se non si familiarizza con il silenzio, origine di ogni forma, la comunicazione sarà sempre superficiale e tesa ad afferrare qualcosa e respingere qualcos'altro."



giovedì 8 settembre 2016

DIALOGHI: Paura di non aver paura

"Posso eliminare le mie paure?"

"Non esistono paure. Ogni paura legata ad un oggetto, persona, situazione, è solo il riflesso della paura più grande: quella di smettere di avere paura.
Voler eliminare le paure è un'illusione dell'ego. Eliminata una paura su un oggetto, la si sposterà su un altro oggetto. La paura non si elimina. Si comprende come abbiamo bisogno di aver paura di qualcuno o qualcosa per continuare a sentire che esistiamo in contrapposizione, in esclusività, in giustificazione. L'io, l'ego, può esistere solo in relazione a qualcosa. Dunque si parla di salute e di cibo sano quando si ha paura della malattia. Si parla della morte quando si ha paura della vita. Si crea ogni espediente per continuare ad aver paura di qualcosa: le scie chimiche, gli alieni, l'ego, il Diavolo, papà, mamma, il cane nero, la malattia ...
Ora non chiedermi come si esce da tutto questo. La richiesta indica ancora un desiderio di risolvere qualcosa che invece va solamente ascoltato."


martedì 6 settembre 2016

DIALOGHI: Essere felici è pericoloso

“Perché si ha paura di essere felici? Mi sembra un controsenso..”

"Essere felici è pericoloso, perché presuppone un sacrificio.
Esiste una parte di noi che si è abituata ad una infelicità cronica, ma poiché è il conosciuto, il noto, allora si potrebbe anche scambiare per una sorta di soddisfacente accomodamento.
La felicità, quella vera, non può arrivare se non attraverso il sacrificio di quelle strutture note, dunque
ti porta via tutto ciò che hai sempre avuto e tutto ciò che sei sempre stato. Distrugge le tue certezze e i tuoi appigli.
Se sei infelice, esisti. Se sei felice, non esisti. L’infelicità ti rende speciale. La felicità non ha niente di speciale. La felicità è naturalezza, spontaneità, e questo non ha niente di particolare.
L’infelicità, invece, ti rende capace di attrarre l’attenzione degli altri: ti cercano, si prendono cura di te, ti amano, ti rispettano, perché nessuno vuole ferire una persona infelice. Se vuoi essere famoso su facebook è sufficiente che, quotidianamente, racconti dei tuoi problemi. Riceverai molte attenzioni. L’infelicità è un grande investimento, mentre chi è realmente felice non piace a nessuno, perché è un’offesa all’ego altrui.  Dunque l’infelicità è qualcosa di noto, di sicuro, ti permette di attrarre l’attenzione e di rimanere all’interno di quelle strutture ripetitive a cui ti sei affezionato, e inoltre ti fa sentire parte della collettività. In qualche modo quando racconti della tua felicità agli altri, questi cercheranno di incasellarla perché è pericoloso anche per loro. Il pensiero cerca di impadronirsi di quella felicità e renderla nota, diversamente sarebbe troppo rischioso.  Quando si è felici ci si sente in colpa, non ci si permette questo lusso, e dunque si tenta di zippare tutto all’interno della propria cartella “conosciuto”.

“Pericoloso per cosa?”


Per la storia personale, per l’attaccamento ai propri problemi, per l’obiettivo fisso che abbiamo in mente, per le nostre sofferenze. Se sei felice di cosa parli, cosa racconti agli altri? La vera felicità è senza una ragione, quindi cosa dirai? L’infelicità ci permette di continuare a parlare a noi stessi e agli altri, ad esistere, mentre con la felicità non fai più parte del mondo e del tempo che la mente umana ha creato. Quando sei felice il tempo scompare.

“Dunque non si dovrebbe aiutare la gente infelice?”

Questo è un altro discorso, puoi aiutare solo se sei felice, altrimenti hai bisogno di loro per confermare la tua infelicità. Non vi state aiutando, vi state consolando, è completamente diverso.  Puoi fare uscire di prigione qualcuno soltanto se ne sei fuori. Si cerca di aiutare qualcuno quando si è infelici, perché in questo modo sposti il focus su qualcun altro mentendo a te stesso. Chi è felice è di aiuto perché il suo stesso essere è ascolto, e quando ascolti senza pretendere che le cose siano diverse, in automatico aiuti senza intenzione tutto ciò che ti circonda . Puoi aiutare chi vuoi, ma senza dargli l’impressione che l’infelicità sia qualcosa di meritorio."


DIALOGHI: Illuminazione

"L'illuminazione è qualcosa di reale, tangibile, o è tutta una bufala?"

R "Vuoi saperlo da me? Indaga e comprendilo con la tua esperienza."

"Ho indagato e sto indagando, ma non succede niente."

R "Stai facendo una bella passeggiata in montagna e vuoi raggiungere un dato luogo. Lo raggiungi e sei felice. Potresti tuttavia scoprire che sei felice anche durante il viaggio. Questa è l'illuminazione, uno degli infiniti modi per dirlo. La mente si aspetta gli effetti speciali, ma in realtà ti accorgi che non ne hai bisogno."

"Ho sentito parlare anche di cambiamenti nel corpo.."


R "Immagina un rumore di sottofondo. Di solito, quando questo rumore si protrae a lungo non ci fai più caso, e questo è lo stato della maggior parte della gente. Quel rumore di sottofondo è la mente con le sue emozioni grossolane. Per alcuni questa esperienza pare essere molto
 intensa, perché questo rumore è molto forte, e ad un certo punto c'è il silenzio improvviso. Ciò non significa che il rumore non tornerà, ma ci si accorge di non essere il rumore. Il silenzio è sempre stato lì, per questo il pensiero non può arrivare al non pensiero. Noi conosciamo solo il rumore, il silenzio non si può conoscere, si può intuire, presentire. Per altri, che magari fanno un percorso diverso, questo rumore inizia lentamente a diventare sempre più lontano. Personalmente mi è successo due o tre volte. La prima volta avevo diciotto anni e ho avuto paura, perché pur non sapendo nulla a riguardo mi sono trovato nel silenzio improvviso: non sentivo niente, non provavo niente, solo silenzio. Iniziai a piangere per paura, e poi, per "fortuna" (quanto ero ingenuo!) emozioni e pensieri tornarono. In qualche modo però compresi che c'era qualcosa che a noi sfuggiva, qualcosa di fondamentale. Ma questa sensazione l'ho avuta da sempre, fin da molto piccolo. Non mi piace parlare di me in questi termini, sembra quasi che io abbia fatto qualcosa. Davvero è come guardare un film, tu ne sei sempre fuori, e non hai nessun merito o demerito. In seguito mi accadde altre due volte, ma ero più maturo e l'ho vissuta diversamente.

E quella sensazione non andò più via? Cosa hai sentito esattamente?

Venivo in entrambi i casi da una sofferenza molto intensa. In qualche modo ho sempre cercato di rendere la tristezza intensa al massimo, perché qualcosa mi diceva che anziché tornare indietro, dovevo proseguire dentro la grotta per conoscerla. La tristezza è come una grotta. Molti decidono di tornare indietro per paura di addentrarsi. Finché non la conosci avrai sempre paura, perché si ha paura solo di ciò che non si conosce. La tristezza torna, ma la conosco, conosco i suoi limiti, e quindi imparo ad apprezzarla come qualcosa di dolce. Ma questo è un'altro discorso. Capisci bene la portata del tema, e che devo sintetizzare perché non ho molto tempo. Trovo però utile fare chiarezza perché c'è molta confusione in merito a questo tema, e molte aspettative. I vecchi schemi tornano, ma non ti limitano più. E' come usare degli indumenti. La personalità, il carattere, l'identità, sono solo indumenti. Torni a casa e li metti dentro l'armadio. Non ne hai bisogno se non interagisci con il mondo. Non hai bisogno di parlare costantemente con te stesso. Il pensiero è una forma di energia che ci consuma lentamente, perché ha bisogno di auto alimentarsi. Quando dico "consuma" non intendo solo a livello psicologico. Il corpo ne risente, il cervello prima o poi ci chiederà il conto. L'essere umano soffre a causa di questo fraintendimento di base, crede di essere l'ego, l'io, o come lo vogliamo chiamare. Ha bisogno di parlare con sé stesso tutto il tempo, di trovare soluzioni a problemi inesistenti, ad aggiustare la sua vita, controllare le sue emozioni. Pensieri, emozioni e sensazioni tornano, ma una volta che hai visto di cosa si tratta, non fanno più paura."

"Hai sentito qualcosa nel corpo?"

"Una volta sì. Ero in aereo e ho avuto la netta sensazione che qualcosa si staccasse da me come se un fantasma mi tirasse via un abito, o come se un qualche spirito denso e pesante lasciasse il mio corpo. L'ho proprio sentito come una carezza. Mi sono guardato intorno ma non ho visto niente. Fu qualcosa di incredibile, come se quel dolore fosse realmente esterno. In qualche modo sembra che noi abbiamo bisogno dei pensieri per paura di perdere le nostre certezze. Abbiamo bisogno dei nostri problemi, dei nostri nemici, che siano interni (ego, pensieri, emozioni negative) o esterni (papà, politico, vicino, datore di lavoro, sistema economico, alieni, scie chimiche...) per sentirci, per sapere che esistiamo. Inoltre sembra che tutto questo sia legato solamente a qualcosa di psicologico, elemento "aria". In realtà mente e corpo non sono separati, quindi è comprensibile come mai possono avvenire cambiamenti nel funzionamento delle cellule o di alcuni organi. Fondamentalmente non succede nulla, semplicemente tutto il sistema si rilassa. Più era teso, maggiore sarà la sensazione che sia accaduto qualcosa nella fase di rilascio. Credo che questo tipo di esperienza, se così la vogliamo chiamare, avvenga al momento giusto e con i suoi tempi (se avviene). Il frutto cade quando è maturo, con i suoi tempi. Noi pretendiamo di diventare grandi atleti senza iniziare dalle basi, o di scrivere un libro senza conoscere la lingua. Siamo semplicemente infantili."

"Spesso si dice che non possiamo fare niente, mentre altri dicono che possiamo praticare ..."

"E' quello che dicevo prima infatti. Il fraintendimento nasce dalla questione fare - non fare. Un fiore che sboccia fa, e nello stesso tempo non fa. E' un fenomeno naturale, eppure se parli con il fiore magari lui dice di aver fatto qualcosa. Il pensiero si abitua ad un certo ritmo, e condiziona il corpo a certe posture, certe posizioni, certe rigidità e resistenze. In qualche modo, non so bene dire come, per qualcuno il pensiero torna al suo ritmo naturale. Il corpo funziona in modo efficiente, senza inutile dispendio di energia. Lo stato naturale viene definito illuminazione, come se si aggiungesse qualcosa. Invece no, è qualcosa che si toglie, ciò che accade è un non accadere, un tornare alla naturalezza. Potrei parlare per ore di questo, ma nello stesso tempo non starei parlando di nulla. E' come parlarti del sapore di qualcosa che non hai assaggiato. Ognuno ti dirà la sua sensazione, non saprai mai se quel qualcuno l'ha assaggiato davvero, e non saprai a chi dare retta. Tanto vale che lo assaggi tu."

"Come?"

"Puoi solo fidarti degli eventi, non hai altro potere. Ogni cosa che accade ti viene in aiuto se, profondamente, vuoi toccare la verità. Non dirai mai "no questo no... tutto ma questo no..." vedrai ogni evento come favorevole, anche se per la mente non lo è."

"L'illuminazione è qualcosa di definitivo?"


"E' definitiva la comprensione, l'inclusione, l'apertura. Non ci sono dubbi. Ma è l'inizio della vita.
E' come nascere. Il punto è, cosa fare dopo, come vivere? In realtà queste sono domande senza senso, ma la mente ama continuare a farle. Questo è soggettivo. In qualche modo la vita di molti è costretta a cambiare, mentre per altri tutto rimane com'è, anche se assume tutt'altra profondità. Avviene una sorta di riadattamento, e le condizioni esterne (che esterne non sono) si trovano a cambiare."

"La legge di attrazione ne parla."


"Si da solo un potere enorme ad un bambino molto piccolo. Nessun saggio userebbe qualche potere per attrarre ciò che desidera, perché se si è veramente in cammino dentro di sé, si procede con piena fiducia. Si è ciò che si desidera, non c'è separazione, e non è necessario niente per compensare questo vuoto. Ogni cosa che arriva è la benvenuta, ogni cosa che ci lascia la si saluta con gratitudine. Niente viene trattenuto, perché lo spazio non cambia se cambiano gli oggetti. Lo spazio, ciò che siamo, non si interessa di ciò che va e viene. Pensieri, emozioni e sensazioni sono oggetti. Gli eventi sono oggetti, niente può realmente disturbare la presenza, lo spazio, il silenzio, o come lo vogliamo chiamare. La personalità continuerà a fare i capricci, è normale. Si piange, si ride, si soffre, si gioca, finalmente si vive veramente, senza paura di essere ciò che è. La persona, nella posizione in cui si trova, non farà altro che ribellarsi o attaccarsi agli eventi. Quindi chiederà o pregherà affinché la sua vita cambi. Legge di attrazione o Dio poco cambia, c'è sempre un dualismo, una distanza, un tempo, una fissazione sull'oggetto del desiderio. Ma la natura della vita è cambiamento! Ogni cosa la si comprende con il senno di poi. I desideri cambiano, non si può dire "voglio quella cosa" molto a lungo. Si capisce che una persona non era quella giusta solo dopo, ad esempio, quindi la fiducia nella vita si espande attraverso questa comprensione. Ecco perché la legge di attrazione, anche se fosse qualcosa di potenzialmente vero, è estremamente infantile. Ora comunque devo andare."

"Cosa devi fare?"


"Fare uscire i miei cani, ma in realtà sono loro che fanno uscire me."

"Ti ringrazio ... hai un'ultimo suggerimento?"


"Non aver paura di essere come sei, di esporti, di innamorarti, di essere negativo. Non so, mi viene da dire questo. Ora vado. "








domenica 4 settembre 2016

DIALOGHI: Non puoi ...

"Allenati ad osservare la scomoda sensazione di non sapere, di non potere, di non capire, di non definire. Ascoltati senza tentare di risolvere, di giungere ad una soluzione. Il problema non merita la soluzione, ma l'attenzione. Il problema potrebbe essere la soluzione. Osserva il tuo non tollerare l'assenza di riferimenti, il tuo pretendere di uscire dal dubbio, dalla confusione. Constata quanto sei intollerante nei confronti di qualcosa che è più grande di te, a cui non sai dar risposta. Allenati ad arrenderti e acquisire fiducia in ciò che non puoi capire."