"Accettare, dunque, di non avere controllo?"
"Non c'è da accettare, non c'è il tempo né il senso. La situazione non ha bisogno del nostro consenso. Un'anziana si fa investire, si ha uno choc, sentire, ascoltare. Non posso impormi di accettare, perché dovrei accettare? Cosa dovrei accettare, trasformare o trascendere? Le gambe si ammollano, viene voglia di svenire, di vomitare. Ognuno reagisce a modo suo. Ciò che mi tocca psicologicamente non l'ho ancora risolto. Questo non significa rinunciare ad una compassione immediata, totale. Non c'è da scegliere se accettare o meno. Quando vediamo un uomo che sta annegando, il primo richiamo è quello di tuffarsi senza pensare e salvarlo. Non si sa niente di lui, non sappiamo nemmeno nuotare, eppure nel nostro istinto avviene questo richiamo spontaneo. Poi è vero, si fanno le valutazioni, ma quelle sono successive. Ritornando all'esempio di prima, si soffre per la donna anziana. Tuttavia la nostra sofferenza non aiuterà la donna, aggiungerà solo altro dolore. Questa sofferenza prolungata ed inopportuna ci impedirà di occuparci della nostra famiglia, del nostro cane, del nostro lavoro. Ad un certo punto, orgoglio, sofferenza, vanità, non sono altro che perdite di tempo e di energia. Ogni idea su di me, e quindi sulla vita, non è altro che un ingombro alla mia efficacia nell'agire. Ciò che non ci serve, se visto, va via al momento giusto. Ma se siamo vanitosi non c'è da accettarlo, è un fatto. Rimanere con ciò che c'è, e non è qualcosa che si può non fare. Ad un certo punto scopriamo che è inutile fare la guerra all'evidenza."
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