giovedì 17 novembre 2016

DIALOGHI: Mente e pensieri



"Esiste qualcosa oltre la mente?"

"Esiste la mente? Come puoi conoscere qualcosa senza la conoscenza stessa su di essa? Prima di chiederti se esiste qualcosa oltre la mente, chiediti se esiste la mente, se esisti tu. Ogni cosa è creata dal pensiero, perfino la mente."

"Quindi esiste il pensiero ..."

"Esistono le parole per comunicare, ma oltre la conoscenza che abbiamo, non possiamo sapere nulla. E' pericoloso questo messaggio per chi crede di sapere qualcosa. Diciamo che, per questioni di semplificazione, usiamo ciò che viene definito pensiero per raggiungere uno scopo, poca differenza fa se materiale o spirituale, tanto è la stessa cosa. Un'energia nata dall'emozione di insoddisfazione crea oggetti del desiderio, un po' come immaginare qualcosa oltre la mente. Perfino i sogni lucidi, viaggi astrali o qualsiasi altra forma di attività oltre il convenzionale modo di vivere non dimostrano niente, perché non sono meno misteriose del mouse sopra la mia scrivania. E' il pensiero che decide cosa è superiore o inferiore, ma è sempre attraverso questo che facciamo esperienza. Il pensiero non si crea, è una risposta ad uno stimolo. Ma anche questo è poco esatto. Il pensiero interviene per codificare lo stimolo ma, prima del pensiero, non è possibile dire che c'è un soggetto (me) che sperimenta quella cosa lì (stimolo). Stimolo e risposta sono un unico movimento, non c'è tempo né distanza."

"Non è possibile osservare i pensieri?"

"Dove sei tu rispetto ai pensieri? Dove sono i pensieri? Come puoi mai osservare un pensiero? Esiste un movimento unitario, che il linguaggio definisce in un certo modo. Non cercare le risposte, fatti le giuste domande. Non fare domande che fanno tutti, fai le tue."

"Il corpo però esiste..."

"Il corpo è uno strumento di percezione, ma se l'attenzione non è localizzata, il corpo non è altro che un oggetto proprio come il cellulare. Prima di dire "il mio corpo" devi pensarci. Senza pensiero, dov'è il corpo?"


"Ma io guardo la mia gamba"

"Tu non puoi guardare. Guardi la tua gamba, ma essa è creata dalla conoscenza che ti hanno immesso. La percezione non ti dice che è una gamba, e nemmeno tua. E' la conoscenza che è stata inserita nel tuo computer quando eri piccolo che ti fa dire "gamba". Non guardi mai niente, solo proietti conoscenze su ciò che guardi. Il pensiero protegge se stesso."

"E' reale dunque ciò che viene poco prima del pensiero?"

"Reale o non reale, sogno o realtà, vero o non vero, vita o morte, sono concetti. Anche il pensiero è un concetto. Non c'è modo di sperimentare qualcos'altro oltre la conoscenza che si ha."

"Quindi siamo in trappola"


"Quale trappola?"

"Quella del pensiero. Lo scenario che si apre non è per niente promettente.."


"Per il pensiero stesso che vuole continuità, no di certo. L'unica trappola è il concetto che hai di pensiero. L'idea di poter muovere il corpo attraverso la tua volontà ti fa credere di essere un oggetto separato dal resto, e quindi nasce la paura. Il tuo corpo è mosso, non sei tu a muoverlo. Questo è sperimentabile.
Un bambino, per esempio, è un essere lucido. Da adulti si viene a creare uno scarto di tempo brevissimo tra ciò che percepisci e ciò che concettualizzi. Se qualcuno ti chiama, ti giri. Normalmente però oltre a questo gesto accade l'idea di "io mi sto girando" accompagnato al senso di esistere come protagonista dell'azione. Lì nasce il problema. Esiste un breve lasso di tempo di vuoto tra la percezione e la denominazione di ciò che percepisci. Questo è più evidente in situazioni difficili quando la mente è costretta a fermarsi."

"Come possiamo mantenere questo stato di vuoto"?


"Cerchi di utilizzare il pensiero per raggiungere il non pensiero. Ovviamente la battaglia è persa in partenza. Non puoi mantenere quello stato, perché non ti appartiene e perché rischieresti di finire in manicomio."

"Ma a te è successo?"


"Cosa?"

"Liberarti dall'ego."


"L'ego è un pensiero abituale che dice di aver compiuto l'azione. E' vero che l'azione è accaduta, ma pensare, fare, dire, non sono un fatto scientifico che un qualcuno li abbia prodotti. L'ego è questa attività. Il pensiero non è scelto, arriva. Decidere di pensare è un altro pensiero già arrivato."

"Se io decido ora di prendere il bicchiere?"


"Non puoi separare ciò che stai leggendo qui dal pensiero. Non hai scelta, non siamo divisi. Il fraintendimento è questo. Preghi, ad esempio, per la guarigione di una persona che ami. La persona guarisce. Dirai che è stata la preghiera ad averlo salvato, grazie a Dio. Ma se disegni una cornice intorno a questi due eventi, la preghiera non ha causato la guarigione. La relazione tra gli eventi è una storia, se guardi la totalità niente ha causato niente. Non avresti potuto agire come hai agito se quella persona non si fosse ammalata. Non avresti potuto fare queste domande se io non ti scrivessi certe cose. Chi causa cosa? Se guardi bene ogni azione è l'interezza a compierla, non tu. Si potrebbe dire che tu sei anche ciò che ignori di te. E' inutile tentare di raggiungere la non separazione o la non dualità, se sei già in quello stato. Si cerca di dimostrare quanto inutile sia ogni tentativo di separarsi dal resto. E' questo senso di esclusività che ci fa credere di essere superiori alle altre specie."

"O inferiori .."


"E' lo stesso. Vogliamo solo essere separati per poter esistere individualmente. Per poter dire "i miei problemi, i miei meriti, le mie paure, il mio ego, la mia anima, il mio maestro, mia madre, i miei denti." Allora si può facilmente finire all'altro eccesso, in cui la spiritualità romantica produce un senso di appartenenza, solitamente emotivo positivo, in cui ci si sente non separati. Non ha senso! si è sempre non separati, anche se decido di ucciderti in questo istante. L'uomo che uccide è parte del tutto. Non è necessario abbracciarsi per dimostrare l'assenza di distanza."

"La psicologia, o comunque tutti gli interventi anche dei guru, maestri, ecc.,  dove la collocheresti in questo ambito?"

"Non ci sono problemi, ma solo soluzioni. Le soluzioni che ci offrono non ci aiutano a risolvere i problemi, perché non ci sono problemi. Se tu avessi un problema con una grossa ferita, qualcuno potrebbe aiutarti a fasciarla, magari salvandoti anche la vita. E' un fatto. I restanti problemi sono puramente auto perpetuanti. Significa che abbiamo bisogno che qualcuno ci dica che siamo depressi, folli, incoerenti, malati, per poterci dare da fare a trovare le soluzioni. La fine della soluzione è la fine del problema. Noi abbiamo bisogno della paura, perché senza di questa sarebbe la fine del pensiero."





1 commento:

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