martedì 25 ottobre 2016

DIALOGHI: Morte psicologica

"Più constati il condizionamento del corpo e della mente, più ne sei libero. Più cerchi di liberartene, più sei condizionato.
La patologia risiede nella necessità di sentirsi. Se non parlo con me stesso tutto il giorno, se non maltratto e non vengo maltrattato, se non mi ingozzo di cibo, se non prendo posizione su ogni cosa, se non riesco a smettere di parlare inutilmente, se non mi definisco vegetariano ... rischio di smettere di sentirmi.
Se non sento niente, se il pensiero non viene indirizzato ricreando un'identità innamorata o delusa, felice o triste, coraggiosa o codarda, cristiana o musulmana, emerge la paura di non essere. Se smetto di cercarmi in un equilibrio ideologico o fisico, non so più chi sono e cosa sto percependo. Se non tocco e non vengo toccato, mi sento morire. Una coppia ha bisogno di effetti speciali per mantenere viva la passione. Se non si litiga e non si fa pace costantemente, non si sente la relazione. Se non si ha una sessualità costantemente compensatrice, facilmente si sente il desiderio di andare con qualcun altro. Il bisogno di vivere forti emozioni, positive o negative che siano, nasce sempre da questa paura di non sentirsi. C'è perfino chi ha paura di dimagrire, nonostante si lamenti del suo stato fisico e cerchi in tutti i modi di perdere peso, e ovviamente non ci riesce. In realtà rischierebbe di occupare meno spazio, inconsciamente lo sa. Si ha paura di percepirsi in modo nuovo, evanescente. Le case sono piene di mobili vecchi e di oggetti inutili, perché si ha necessità di sentire il peso della forma. Lo spazio spaventa. Se la tv di casa è spenta ci pensa la radio dentro la testa a non spegnersi mai. Toccare il silenzio è paura. Questa è la morte psicologica di cui si parla qui, non la ricerca di nuovi riferimenti per fuggire ancora una volta. Se vivo con questa paura di non esistere poca differenza fa se vado a prostitute o pratico tai chi! Se smetto di credermi grasso, malato, spirituale, vittima, per bene, italiano, sperimento una vera e propria morte. Finisce il modo in cui percepisco quello che definisco ingenuamente me stesso e mondo. Non so più cosa sto guardando e cosa sta guardando. Quella morte senza ritorno è il centro focale della vera indagine interiore. Tutto il resto, contornato di belle parole colorate, fatto di emozionalismi, cuori ed esplosioni di luce, è l'ennesimo teatrino senza sostanza. Non c'è spazio per maestri e allievi, illuminati e non risvegliati, viaggi astrali e corpi di luce, tutto questo smette di avere una qualsiasi sostanza. Esiste la vita, che si esprime momento per momento, apparendo e scomparendo. Tutto ciò è perfetto, e mi riporta ad un vivere intelligente, dove questa necessità di percepirmi e di conversare con me stesso, viene vista per quello che è, cioè un inutile ingombro, un peso."




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