domenica 28 febbraio 2016

DIALOGHI: La rabbia

... E con la rabbia"?

Niente. Che vuoi fare con la rabbia?

- E' un'emozione negativa.

Negativa è un tuo giudizio, hai imparato a definirla così perché gli altri la definiscono così. A chi disturba? a te o a chi ti sta intorno? Se disturba chi ti sta intorno, non è un tuo problema. Una persona superficiale di solito è disturbata da qualcosa che è in sé e non vuole vedere.

- Ma a me fa stare male.

La rabbia è un'ondata di energia. Se vuoi fare qualcosa con la tua rabbia, cerchi di controllarla e manipolarla. Esiste la rabbia, è un fatto. E allora? Un io che si crede arrabbiato è il vero problema, perché vuole liberarsene, essere più calmo, apparire più controllato. La rabbia non è di nessuno, arriva e va via. Il corpo sa bene come gestire le emozioni. Diventa problematica quando se ne trovano le ragioni, quando viene diretta a qualcuno, quando viene giustificata, o quando si cerca di liberarsene. In sostanza, l'unica rabbia problematica è quella psicologica. Se ti limiti a sentire la tua rabbia, non puoi dirti arrabbiato. Non c'è nessuno lì. Senti la rabbia, quindi non sei arrabbiato. Questa arriva e va via, non lascia residui. L'odio è una rabbia accumulata da un io, che trova validissime le sue ragioni ..[ ... ]"



DIALOGHI: Anima

"Esiste l'anima?"

"No, ti prego. Stai sbagliando persona credimi, non ho cosa risponderti."

"Perché?"

"Perché è filosofia. Non mi riguarda. Esiste l'anima? Cos'è la vita? E il karma? E la reincarnazione? ..."
Ti è di qualche utilità? Ti chiedi se esiste l'anima quando ti ritrovi in autostrada con l'automobile ferma? Perché vuoi sapere se c'è un'anima? Vuoi vivere per sempre? Vediamo quanto queste domande nascondo dalla paura."

"O dalla semplice curiosità".

"Un ricercatore non è curioso, non può permetterselo. E' brutalmente, scientificamente, chirurgicamente onesto. Non c'è spazio per i concetti romantici. Il meccanismo viene scorto immediatamente, e scompare, non si autoalimenta. Il pensiero ha creato tutti i concetti: anima, ego, karma ... Possono essere utili come lo è una favoletta con i suoi personaggi che vuole dire qualcos'altro. Se si rimane ai concetti, si resta sulla superficie. La spiritualità che sa, che pensa, che valuta, che acquisisce, è una masturbazione mentale. La spiritualità si riferisce ad un non sapere. Io non so. Nessuno sa. Finché il non sapere spaventa, si è ciechi al fatto che è proprio nel non sapere che si nasconde la liberazione più grande."

"Quindi se non esiste l'anima non esiste nemmeno l'ego. Non si può eliminare qualcosa che non esiste .."


La ricerca di un antagonista o di un'illusione, questo è il punto. Il bisogno di un antagonista da sconfiggere. Inizialmente il vicino di casa, poi il politico, poi il ladro. Nel mondo religioso, il diavolo. Nel mondo spirituale, l'ego. Le proprie identificazioni, i propri difetti. Oppure trovare l'alimento che fa male, a tutti i costi, e farlo sapere al mondo intero. Lo stesso desiderio di eliminare le paure, è un disperato bisogno di mantenerle in vita. E' un continuo cercare nemici di qualche genere. Fuori o dentro non fa molta differenza. In realtà non c'è nessun fuori: l'energia del rifiuto che si muove verso qualcuno, alla fine parte dal veleno che si ha dentro, quindi poca differenza fa dove la si dirige"

"Che fare con quell'energia?"

"Vederla. Finché non si vede il bisogno di creare un nemico, si pensa che esista davvero. Non c'è nessun nemico da sconfiggere. Nessuna identità può scomparire finché crea un qualche antagonista, o una qualche cosa in cui esistere."




DIALOGHI: Prigione e Libertà

"Perché ci sentiamo imprigionati?"

"Perché ci spaventa non la prigione, ma la libertà. La libertà non la vogliamo, perché abbiamo bisogno che qualcuno ci dica cosa fare, oppure ci imponiamo un modello di comportamento, una strategia psicologia per non affrontare questo aspetto che non vogliamo vedere. E’ una vita rinchiusa da sbarre invisibili. Perfino in un sogno futuro cerchiamo una via di attenuazione del disagio di non essere niente, di “non sapere”. Il non sapere ci terrorizza a tal punto che, quando accade qualcosa, o lo rifiutiamo o lo tratteniamo. Eppure il non sapere è l’essenza di tutto. Quando smetto di raccontarmi storie sull’emozione che sto vivendo, questa mi lascia in fretta. [ ... ] E’ libera di entrare e di andare. Noi invece tendiamo ad analizzare tutto, cercare soluzioni e strategie. L’emozione, anche se negativa, ha una sua assoluta poeticità. La violenza che facciamo alle emozioni è il volerle razionalizzare, cercandoci in qualche nuova forma comportamentale. Diciamo che vogliamo una vita piena di emozioni, e invece non è vero affatto; vogliamo una vita solo con quegli entusiasmi, negando la bellezza della profondità di un’emozione originale, un silenzio cuore di ogni movimento. Una vita che cerca il piacere e rifugge il dolore, è una vita piatta! Questa è la vera noia! [ ... ] "


DIALOGHI: Risveglio

D "C'è un qualche evento che può essere considerato un cambiamento radicale? Si parla di illuminazione e risveglio, in che termini"?

R "La mente è curiosa riguardo questo, perché la meta sembra attraente: la fine di ogni sofferenza! Ma ovviamente si rimane delusi. Quando si rimane delusi più volte, quando la delusione è totale e definitiva, allora ci sei vicino"

D "Non depresso?"

R "Se sei ancora depresso, è perché sei ancora deluso. Non c'è risveglio per la personalità."

D "D'accordo, ma accade effettivamente qualcosa? E' un'esperienza? Come se ne ha certezza? C'entra qualcosa la pratica su di sé"

R "Sono le stesse domande che mi ponevo io, poi la domanda scompare, ma non so dirti come accada e perché. Quello che accade è la stessa cosa di accorgersi di essere seduti su una sedia quando per una vita ti sei creduto in piedi. Non è che accade nulla in sé, perché il tuo sedere era sempre sulla sedia, solo che non lo sapevi. Durante il percorso personale, si crede che sia l'io a fare un qualche tipo di lavoro. Finché si ha la sensazione di progredire, raggiungere, trasformare, cambiare, allora non ti puoi accorgere di cosa sei realmente, e cioè niente del genere. E' difficile parlare di questo argomento, è facilmente fraintendibile. Succede perché la mente costruisce un'idea di risveglio, ma quando questa cosa strana accade, non c'è veramente niente che si possa dire"

D "Come fai a saperlo?"

R "Lo sai e basta.

D "E come?"

R "Smetti di avere paura, per sempre. Non puoi avere più paura, perché colui che aveva paura non esiste più, anzi, non è mai esistito. Se smetti di avere paura, in effetti la tua vita potrebbe cambiare. Come? Non lo so, dipende dagli eventi. Di sicuro smetti di cercare le cose, le persone e le situazioni per rassicurarti. Ma finché non accade questo, ti sembra che tu sia "normale" e "sano", e invece non lo si è per niente. Il pensiero chiede costantemente energia. Continuamente noi ci ricreiamo ad ogni nuovo pensiero. Crediamo di essere un'identità, che deve andare o fare qualcosa da qualche parte. Improvvisamente, non so bene come, questo processo potrebbe essere visto, non come in forma tecnica volontaria, ma come disintegrazione involontaria, improvvisa. Poiché il pensiero voleva energia, quell'energia torna alla sua fonte, è disponibile per il corpo. Le energie si riassestano, non si disperdono più. Toccare è diverso, parlare è diverso, arrabbiarsi è diverso. Eppure è tutto così nella norma, che ti chiedi come mai non te ne sei mai accorto prima. E' lo stato più naturale che esista, calma pura. Come lo sai? E' perfetto, non ci sono dubbi. Tutto torna al suo ritmo naturale. Esteriormente sembra non sia accaduto nulla, perché in effetti niente è successo .. tuttavia si rivela qualcosa. Non sei tu a vivere la vita, questa certezza, che prima era solo in forma di presentimento. Ci sarebbe tanto da dire, e anche niente.

D "Non c'è niente che si possa fare?"

R "Vivi la tua vita di ogni giorno. Approfondisci più che puoi, e vedi come funzioni, ma cerca di non entrare nell'analisi, nei commenti. Davvero non so, potrei dire che ho fatto un "percorso interiore", ma il percorso è la vita stessa. Io non ho fatto davvero niente, ho solo reagito a degli stimoli in un dato modo. "

D "Ci si può auto illudere"?

R "Si, può succedere. La mente può far credere che tu abbia raggiunto qualcosa. Bè, non raggiungi niente. Ad un certo momento ciò che fa la mente o il corpo non ti riguarda più, e quindi non può esserci nemmeno più illusione/delusione. "

D "C'è un momento durante la giornata che preferisci particolarmente?"

R "Si, andare a dormire"

D "Come mai"?

R "Perché si riconosce di non volere niente. Si abbandonano sul letto i vestiti, ci si dimentica dei pensieri, dell'amante, del cognato, del proprio cane, di ogni altra cosa. Cosa vogliamo ogni sera? Niente. Lasciare tutto prima di chiudere gli occhi, questa è la prova."

"D "E' indubbio però che molti pensieri rimangono, e infatti diventano sogni .."

R "Si. La paura di spegnersi, è la paura di scomparire. La gioia più grande, è anche la paura più grande. La persona svanisce, scompare. Non rimangono che sogni vari"

D "Ma non è la persona a sognare"?

R "Al contrario, la persona è sognata. Quando ricordi un sogno, ricordi anche il te stesso all'interno. A volte addirittura nemmeno ci sei nel sogno, ma c'è solo la scena. Allo stesso modo, nella veglia, ricordi il tuo passato. Non è il tuo passato, perché quel te ricordato è parte del passato stesso"

D "Sembra un po' contorto..."

R "Per la mente lineare e razionale lo è. Ma non è certo un mio problema doverlo rendere leggibile"


DIALOGHI: Opinare


"La tua opinione non ha valore, tanto quanto la mia. L'opinione è sempre ristretta, condizionata, alterata. Non è il mondo che deve ascoltare o, come si dice abitualmente, "rispettare" le tue opinioni, sei tu che devi ascoltare. Se ascolti non crei opinioni.Non essere d'accordo o essere d'accordo, presuppone una presa di posizione. Questa presa di posizione dipende da, innanzi tutto, una comprensione. Se non c'è, è impossibile esprimere un parere libero e autentico. Ovviamente l'io non lo ammette, e preferisce tradurre tutto al suo livello per poter dire "concordo o non concordo". Quando le parole non derivano da un "io" ma da un sentito della verità, non c'è ne accordo ne disaccordo. Le cose sono così come sono, e quì non si parla che di questo. Non ci sono livelli di illuminazione, pareri, idee, opinioni. Non quì. Dal proprio punto di vista parziale, il mondo sembra ciò che si crede che sia. I concetti fissi che si hanno su amore, relazioni, violenza, sesso, maturità, rispetto, non fanno che violentare continuamente ciò che è, inevitabilmente, vero.
E come vedere ciò che è vero? Ciò che può essere vero di me, può essere vero di un'altro? La risposta è sì. Quì non si parla di gusti, ma di ciò che sta oltre i gusti. Non si parla di caratteri o preferenze, di espressioni o inclinazioni, di fisionomie, culture e linguaggi, ma di ciò che li accomuna. Solo quando la verità spazza via ogni idea fissa, allora è possibile che le diversità possano andare in accordo, e ritrovarsi. Allora al massimo c'è scelta, non giudizio, non antipatia, non rifiuto.
Il consiglio è quello di non affrettarsi ad esprimere pareri. Tacere, e aspettare. Quando la smetti di voler subito prendere posizione, pro o contro, allora qualcosa può scendere in profondità."

DIALOGHI: Amore

D "Pensare a qualcuno è amore? e, diversamente, non pensarci, è mancanza di amore"?

"Pensare a qualcuno è una fissazione. L'amore è oltre il pensarci o meno"

D "Però se quel pensiero fa star bene ..."

"Allo stesso modo di un bel film, di una pizza, o di una giostra. Se cerchi emozioni dagli altri, va benissimo. Ma non è amore."

D "L'amore non è un'emozione?"

"No. L'amore è ciò che rimane dopo, durante e prima dell'emozione. L'affetto che provi verso qualcuno non necessita di una forma di fissazione. Non c'è un bisogno."

D "Quindi un amore, in realtà, non finisce"

"No, non finisce e non inizia. Per una questione funzionale scegliamo o veniamo scelti. Non è possibile vivere con venti compagni. Con qualcuno si sta bene, e con qualcun altro no. Con qualcuno c'è più attrazione, e con qualcun altro no. Con qualcuno ci piace viaggiare e con quell'altro no. Ma tutto questo non ha niente a che vedere con l'amore o la sua mancanza. Il problema nasce quando ci si pone il dubbio di amare o non amare. Vediamo come, per una questione di condizionamento, impariamo questa parola e la usiamo sempre, a sproposito. La usiamo senza sapere cosa sia: io ti amo e tu no, tu non mi ami, tu mi ami di più e io meno ... Sono solo giochi, vanno benissimo, ma se si è consapevoli che sono solo giochi."

D "Esiste un lavoro sulle emozioni"?

Un'emozione arriva e ti lascia. Volerla ripetere, controllare, gestire, commentare o evitare è un intervento mentale."






DIALOGHI: Cos'è il pensiero?

D "Spesso leggo che non esiste nessun "io", eppure il senso di esistere è molto forte, come si spiega questa cosa"?

R "Prima ancora di poter dire "io", deve esserci un pensiero che crea questa parola. Prima del pensiero, non c'eri. Solo dopo esserti svegliato, ad esempio, puoi dire che TU hai sognato. Durante il sogno questa differenza non c'era, era un tutt'uno. Si può vedere molto facilmente l'illusorietà di questa identità, basta uno svenimento, dormire, una forte ubriacatura o l'aiuto di qualche erba. Questi stratagemmi possono aiutare a far comprendere che non c'è un'identità, e quindi i problemi legati a questo "io" sono irrisolvibili, perché il problema da risolvere è l'io stesso. Il senso di esistere è sempre presente, ma non è individuale. La percezione viene sempre prima di un pensiero, ed è questo che ti da il senso di esistere" 

D "Ma, in fin dei conti, cos'è il pensiero"?

"Un processo ripetitivo. Si ripete fino a consumarti."

D "In che senso consumarmi?"

"Nel senso che il suo continuo utilizzo porta ad esaurire presto tutte le energie vitali. Raccontarsi storie tutto il giorno è un processo che non si interrompe mai, nemmeno di notte. Se i medici si dedicassero con cura a studiare gli effetti devastanti del continuo uso del pensiero, si vedrebbe quanto è realmente seria la situazione."

D "Come uscirne"?

"Si usa il pensiero per paura di rimanere senza. Si ha bisogno di pensare ad uno scopo, per paura di non avere una direzione. Si pensa alla prossima cosa da fare, oppure alle ragioni che hanno spinto quello lì a fare quella'altra cosa là. Non si fa altro che pensare alla prossima cosa da dire,o da fare. In campo spirituale si crea un ego e poi si cerca di distruggerlo. C'è sempre qualcosa a cui pensare, perfino a non pensare. Perfino a meditare. Quindi come uscirne? Non se ne può uscire, finché non ci si accorge delle paura più grande, e cioè accorgersi che non c'è nessun pensatore".


DIALOGHI: Fiducia e domande varie

"D - Che significa fidarsi?

Il nostro concetto di fiducia è nel futuro. Sembra una minaccia: mi fido di te. Ovviamente si tratta di un'attesa, ancora una volta un mascherare la paura. Fiducia, nel modo convenzionale di definirla, è affidarsi ad una speranza.

D - E nel modo sano? Più profondo?

E' vedere le cose come sono, non come vorrei che siano. Non ci si affida ad una speranza, dunque non c'è delusione. Fiducia è sentire una risonanza con tutto, non sentirsi isolati. Mi fido quando so che ogni cosa che mi accade è la cosa giusta, perché non c'è alternativa.

D - Posso solo fidarmi di me stesso

Neanche. Non sai come reagirai quando tua moglie farà un complimento al suo collega. Non sai come affronteresti una perdita, una malattia. Non sai cosa dirai tra qualche secondo, perché ciò che dirai è influenzato dalla situazione, ad esempio da ciò che sto dicendo io adesso. Non sai come gestiresti l'emozione di vincere alla lotteria, o quali saranno i tuoi primi passi. Non puoi scegliere di inciampare o meno.[...] La fiducia che riponi in te stesso è un'enorme illusione, così come il credere in te stesso. Fidandoti di te stesso cerchi un modello strategico comportamentale per evitare di soffrire: non puoi evitarlo. [...] Al contrario devi integrarlo. Se lo integri, ti accorgi che non c'è nessun "te stesso". L'istante decide chi sei, non tu. La vita è sempre di qualche secondo in anticipo rispetto alla mente.

D - Chi sono io?

Rinuncia continuamente alla tua identità. Non sei né un uomo, né una donna, né un bambino, né un vecchietto, né un francese, né un americano, né il rappresentante di alcuna nazionalità, né un ebreo, né un cristiano, né un buddhista, né una buona persona, né il membro di qualsiasi categoria, né chicchessia.. Esiste questa sensazione, quest'altra sensazione, poi ancora un'altra, e non sei né l'una né l'altra, né la seguente né la loro successione. Lo spazio dove nascono i pensieri non ha viso. La luce della coscienza è impersonale. Torna alla terra, al contatto con il suolo. Dove sei? Sei qui. Chi sei? Sei qui. Qui. Non è possibile rispondere a questa domanda, perché la risposta, di qualsiasi genere, parte dalla stessa fonte che ha generato la domanda. Posso riempirti di belle parole come "sei anima, luce, vita", oppure di contro, sei "niente, nessuno", ma ogni risposta non ha senso. Perfino dire, sei anima, mente e corpo, ha solamente una valenza pedagogica per certe scuole. Ma sono tutte risposte che arrivano dalla stessa fonte che ha generato la domanda. Quando non c'è risposta, non c'è nemmeno domanda. E' solo una filosofia


D - C'è qualcosa che posso fare per accelerare una comprensione?"

"Fai sempre tante cose, forse troppe, e le fai sempre molto velocemente. Prenditi una pausa invece. Respira, rilassati. Ciò che fai non potrà mai minimamente intaccare ciò che sei, quindi tranquillizzati.

D - "Perché l'uomo si complica la vita"?

"Perché una vita semplice ti costringe ad avere dei momenti di pausa, chiamati banalmente "noia", e questi risultano insopportabili perché rivelano la mancanza di attività compensatorie. Ciò non significa che bisogna star fermi fisicamente: si può avere una vita molto attiva, ma nello stesso tempo molto sveglia interiormente. Il dinamismo è solo periferico."

D - "E la mente?

"La mente fa anch'essa parte della periferia. Un pensiero è un'oggetto, così come lo è la bottiglia sul tuo tavolo. Tutto ciò che può andare e venire, fa parte del dinamismo. Ricercare una meta spirituale nel divenire, infatti è un controsenso. "

D - "Esiste una meta nel percorso interiore? Una libertà definitiva?"

"Per chi? In un momento c'è ansia perché aspetti la telefonata di tua figlia che non arriva. L'attimo dopo il tuo cane scodinzola perché ti chiede di uscire, ed esci con lui. Il pensiero va ancora a tua figlia mentre sei fuori. Ti squilla il cellulare e ti senti sollevato, ma non è lei, è un'altra persona, e ti innervosisci ancora di più. C'è nervosismo, c'è ansia. Poi finalmente arriva la telefonata, e c'è gioia. E' passata solo mezz'ora e già qualcosa ha sperimentato una moltitudine di emozioni differenti."

D -"Ma a qualcuno appaiono questi stati, a me"?

"C'è ascolto. Il linguaggio non deve portarci in errore. Nessuna appropriazione, nessun me e nessun te. Sono simboli, suoni, parole. C'è solo ascolto. Pensieri, sensazioni ed emozioni. Dov'è l'io in questo processo? Dov'è il liberato? Liberato da cosa se c'è un istante alla volta? Ora c'è tristezza, poi torna la paura, poi un periodo di distensione. Per chi? Chi lo stabilisce? Vedere questo è parte del processo stesso."

D - "Dunque cosa cambia da una persona "normale"?

"La persona "normale" crede di avere potere. Posso fare questo, posso dire quello, posso scegliere quest'altro, posso liberarmi da questo. Tutta la spiritualità ipocrita e romantica, oggi, mira a questo. Realizza te stesso, crea la tua realtà, definisci cosa non vuoi. Non è che l'ennesimo, forse l'ultimo, tentativo di manipolare qualcosa. Vista l'impotenza, è la fine dell'ego. Quindi devi attraversare molte delusioni per metterti solo in ascolto.

D - "Sento di non star vivendo pienamente ..."

"Si, e succede solo per un motivo. Non per qualcosa che dovresti fare e non fai. Succede solo quando pretendi che domani sarà meglio. Oggi piove, aspetto il sole. Oggi non esco, aspetterò domani che uscirò. Oggi è una giornata noiosa, domani andrà meglio. Sono solo, conoscerò qualcuno che mi renderà felice. Sono fidanzato, vorrei lasciarmi ed essere libero. Magari va anche come ti aspetti, ma manchi la possibilità di vedere che oggi c'è una pienezza, una bellezza che non chiede. I bambini molto piccoli lo sanno. Non è per mancanza di stimoli che la vita è vuota, ma perché ha bisogno di stimoli continuamente, come una droga, e prima o poi questi stimoli si appiattiscono ed esauriscono. Chiedi alle persone molto ricche. Il rischio è che non fai in tempo a vederlo, che già sei morto."


sabato 27 febbraio 2016

DIALOGHI: Essere ciò che si presenta


"Nell'ascolto tutto è interessante, sfaccettato e affascinante. Essere uno con ciò che ho di fronte, fare corpo con quello che si presenta, diventare ciò che si percepisce. Non è una pratica, e un non intervenire, un non mettersi in mezzo. Se credo che è meglio fare dello yoga, cantare, combattere, dipingere, allora è normale che mi senta isolato! Se riesco a donarmi completamente con ciò che ho di fronte, non ho bisogno di pensare a qualcosa che vada al di fuori di quel momento. Se sono di fronte una persona che ritengo superficiale, faccio corpo con questa, mi adatto, divento lei. I miei pensieri possono dire quello che vogliono. Donarsi, lì dove è possibile, a ciò che abbiamo nell'immediato, completamente. Se mi trovo in una sala giochi, ascolto, guardo, gioco. Se mi ritrovo su un tatami, sento, cammino, mi sdraio. Se ascolto un avvocato, ascolto e basta. Se sono colmo di rabbia, sto con questa. Tutto questo è sufficiente per riassorbire nel nulla un "io" che seleziona ciò che più gli conviene. Un "io" che crede di esistere .."

"Non capisco il passaggio sul non esistere"

"La persona è solo il risultato di un equivoco dettato dal linguaggio. In realtà non esiste. Emozioni, pensieri e azioni corrono davanti all'osservatore (anzi, l'osservazione) in successione senza fine, lasciando delle tracce nel cervello e creando un'illusione di continuità. Un pensiero dice "io" e la persona acquista un'esistenza apparentemente indipendente."




DIALOGHI: Centro e Periferia

D "Esiste un centro?"

"In ogni cosa esiste un centro"

D "Qual'è il nostro"? Si può trovare un punto immobile"?

"L'io non è il centro, ma la periferia. Quello che tu definisci "te stesso", si muove nel mondo, o almeno così sembra. Parla, cambia idea, si contraddice, cerca, ha esperienze. Il centro è ciò che osserva anche questo io. L'osservazione non si fa, perché altrimenti è l'io che osserva se stesso, e lo farà sempre da un punto di vista parziale, che gli conviene o meno.

D "Allora il centro è introvabile"

"Il centro non si può trovare come un mazzo di chiavi. L'ego può essere visto in azione, ma non può morire, perché il pensiero che esista lo tiene in vita. Il centro è senza immagine."

D "Qualche consiglio"?

Il centro non può essere visto e toccato, ma la periferia si. Non tentare di afferrare il centro, ma osserva tutto ciò che sta nella periferia, cioè tutto ciò che si trasforma. Un praticante di arti marziali si muove, eppure è immobile. Le sue azioni provengono dal centro, non è più lui a muoversi, eppure solo il movimento può essere visto. Un musicista attraverso la musica, parla sempre del silenzio. Poiché non può, allora lo fa attraverso la periferia, cioè la musica. La spiritualità, le parole, parlano del centro, ma non potranno MAI essere il centro. Ecco perché tutte le pratiche sono destinate a fallire se tentano di far toccare il centro. La meditazione è un oggetto, proprio come un portamonete. La meditazione va e viene. Lo yoga va e viene. Mia nonna va e viene. La pioggia va e viene. Ogni cosa è li perché indica il centro, ma non potrà mai esserlo. Questo non significa che queste cose non servano. Servono come la musica. Servono come la pittura. Sono lì per ricordare quanto questo "io" non esista, ma non sono li per eliminarlo! Dunque, chi è che si illumina? Chiaramente nessuno.




DIALOGHI: Coincidenze?

D "Le cose accadono per un motivo"?

"Le cose accadono e basta. Se tu vuoi dargli un motivo, va bene."

D "Alcune coincidenze sono strane. Ciò che deve accadere accade.


"Nessuno è nella posizione per poter affermare nulla del genere. Ogni cosa è mistero. Un cucchiaio è mistero. Un evento è mistero. Uno specchio è mistero. Noi, per una questione di sicurezza, vogliamo dare un senso a tutto. Ce la facciamo a lasciare le cose semplicemente per come sono? Ce la facciamo a smettere di pretendere di capire e sapere sempre tutto? Destino? Caso? Sfiga? Attrazione? Chi può dirlo? Se vogliamo fare gli spirituali, dobbiamo essere pronti a perdere le certezze non ad acquisirne delle altre. Succede un evento lieto e diciamo che è un dono del cielo, un miracolo. Accade qualcosa di spiacevole, ed è il male, il Diavolo, o la sfiga, o era scritto. Diamo significati come ci conviene a noi. Il nostro Dio è onnipotente fino ad un certo punto ... ogni tanto si distrae .. "

DIALOGHI: Significato della vita

- La vita ha qualche significato?

Io non so chi sono, non so dove sto andando, non so se sono vivo o morto. Non so nulla. Se tu lo sai bene per te, ma ti illudi. Scoprirai con l'indagine che ogni tua certezza nasce dalla paura. Le mie risposte non nascono dal sapere, ma evidenziano quanto sia labile la convinzione di sapere. Non mi serve avere un'idea su qualcosa, conoscerla, per poter rispondere. Mi basta seguire un sentire del momento, e la risposta arriva sempre da un "non lo so". Ogni risposta è possibile da un "non lo so".
Molte delle vostre domande nascono da delle certezze, per questo è impossibile rispondere. Mi si chiede dell'amore incondizionato, del significato della vita, se una certa postura significhi qualcosa, se esista l'amore o meno ... sono tutte domande che nascono da una forma di "già so,voglio sapere di più". Ecco perché nessuna risposta sarà mai soddisfacente per te o per voi, perché anziché rimanere con questo non sapere, cercate altri appigli, altre certezze, altre consolazioni. Se è il risveglio che si cerca, allora bisogna stare con questa paura di aver bisogno di appigli, di risposte, di trovare nuovi nemici. Il significato alle cose lo dai tu. I tuoi oggetti sono solo oggetti, e per te possono avere più o meno significato. Io non so che farmene dei significati, perché sono solo pensieri. Non posso affidare a dei pensieri il senso della vita. Non so assolutamente nulla, non posso provare nulla. E' facile smontare tutte le convinzioni, basta vedere che dietro di esse si nasconde il terrore di non sapere niente. Questa è l'unica risposta che posso dare.

- Ma nella vita di tutti i giorni?

Agisco come te. Devo agire. Ma so bene di non sapere cosa mi muove, cosa mi sveglia, cosa sono. Vivo benissimo con questo non sapere, anzi vivo meglio. Non devo difendere una posizione, un'idea, un ruolo. Non devo difendere nulla e non devo trovare nulla. Grazie a questo mistero mi permetto di essere fantasioso, di creare mondi, di giocare con l'immaginazione. Che altro mi serve? Risposte? Domande? Niente di tutto questo. Dietro una definizione si nasconde una falsa sicurezza. Dietro la parola "albero" si nasconde il terrore di non sapere cosa sia. Di non sapere se sia fuori o dentro. Quando cambi strada niente ti assicura che non scompaia dietro di te la strada precedente, eppure tu hai certezza che continui a proseguire qualcosa. Che i tuoi genitori esistano, che il mondo sia qualcosa di reale anche quando dormi. Ma che cosa ne sai? Non lo sai. Non potrai mai saperlo.

DIALOGHI: Creatività e Risveglio

D - Che ruolo ha l'immaginazione e la creatività in tutto questo? Stare con il reale è concreto, ma la vita è anche fantasticare, sognare, immaginare. In fondo i migliori artisti lo fanno ...
R - Se l'irreale è uno strumento di fuga dal reale, l'immaginario si colora di una carica emotiva che risulta essere la lama a doppio taglio che conosciamo bene. L’immaginario è estremamente creativo se parte dal riconoscimento del posto in cui sono, dell’emozione che vivo, e della situazione in cui sono dentro. Se immagino una via di fuga da tutto questo, non sarò mai realmente creativo, perché dico no a ciò che invece è si. Da questa posizione, da questo si, che è l’unica in cui mi ritrovo, allora nasce l’immaginazione e la fantasia. Se sono triste, non immagino di essere felice per fuggire dalla tristezza, non cerco di essere sorridente e allegro. Cosa c’è di creativo? Sto solo fuggendo la tristezza che ha una profondità che non conoscerò mai se la scavalco e la rimando! Se scivolo nella tristezza e la accolgo, allora ne diverrà uno strumento di profonda ispirazione, e da lì l’immaginario potrà prendere vita con una storia, un disegno, un film, un brano musicale, un ballo. Sono capace di ogni genere di esperienza se so immaginare, non ho bisogno di compierla.
Con l’immaginazione posso andare ovunque, essere chiunque, stare con chi voglio. Chi è triste non ha fantasia, non ha immaginazione, perché motiva mentalmente le sue ragioni. Ma chi sente la tristezza senza commenti può creare tutti i mondi che vuole, può andare dove vuole, e viaggiare nel suo immaginario sconfinato. Se sei in prigione e vuoi uscire, non c’è creatività. Se accetti il fatto che non puoi uscire, allora lì nasce la creatività, e puoi scegliere di uscire da quella prigione volando via, e non sarai mai più in prigione. Immaginandola posso viverla emotivamente, toccarla con mano, giocare come voglio. Non solo non c’è niente di male, ma è estremamente stimolante. Non si pone nemmeno più il problema di dover fare i conti con la concretezza e la materialità del momento. [ ... ] Il problema del reale e l’irreale si pone se definisci. Le due cose sono la stessa cosa. Se sto facendo un bel sogno e mi sveglio in un reale che non mi piace, allora non si è creativi. Il sogno continua anche nella veglia. [ ... ] Mentre camminerà vedrà magia ovunque si troverà, perfino dal panettiere. Gli alberi parlano con lui, il cane è un essere sconosciuto, la signora anziana che passa potrebbe essere una strega dai poteri magici. Lui non sta rifiutando l’istante, e accogliendolo pienamente può finalmente giocarci. Dice si all’istante, all’evidenza, e quindi da quel si nasce la sua immaginazione. [ ... ] Non esiste più divisione tra reale ed irreale, dunque non vi è rifiuto, separazione e tentativo di manipolazione. Se tento di manipolare il futuro proiettando un sogno, non sono creativo, tutto il contrario! Sto cercando di legare la vita, di strapparla dal fatto che sia magica ed imprevedibile. Non mi permetto di ascoltare, perché preferisco parlare. [ ... ] Non è nel definire i miei gusti come elementi statici, che si crea qualcosa. Per essere creativo devo essere silenzioso, ascoltare, rallentare, fermarmi, e allora l’ispirazione arriva nel silenzio. Se la vado a cercare violento la bellezza. Non è nel selezionare solo una ristretta gamma di emozioni rifiutando le altre, che mi posso definire artista, perché quest’ultimo esplora la luce e il buio, finché capisce che l’uno e l’altro sono la stessa cosa. Non è nel condannare il male e la violenza che posso creare un’opera artistica, perché quest’ultima non può essere selettiva e parziale. Non è nel condannare mio padre che risiede il mio essere artistico, ma nell’amarne anche i suoi teneri difetti. Allora posso disegnare una caricatura di mio padre, e provare affetto mentre lo faccio, non critica. Quella è politica, non arte. Dall’agitazione non arriva un bel niente, sentirò di fare seicento cose ma nessuna veramente sentita. Non si tratta di fare ciò che si sente, ma di sentire ciò che si fa. Un pittore che vuole dipingere, non è un pittore. Un musicista che vuole vendere, non è un musicista. Se non sono in grado di vedere la bellezza della città in cui sono, qualsiasi essa sia, non potrò vederla da nessun’altra parte. Mi attirerà all’inizio qualsiasi cosa sia diversa per partito preso, ma poi finirà nel conosciuto e non mi sentirò più stimolato. Se non sono in grado di vedere la bellezza del muro che mi sta davanti, allora come potrò apprezzare la vita, come potrò mai iniziare a vivere ed immaginare? Anche un muro può darmi l’ispirazione per un libro. Se definisco mio figlio in un modo, è perché non riesco a stare con la magia del non sapere. Se mi descrivo in un qualche modo, è perché non sono pronto a vivere la magia del non avere punti di riferimento concettuali su qualsiasi cosa mi circondi. [ ... ] Puoi viaggiare con l’immaginazione a partire dal sì, e questo sognare integrerà ogni cosa. La fantasia è molto reale. Quando ti perdi in essa, quando credi in essa, sei un soggetto molto concreto.


DIALOGHI: Conoscere

"Cos'è per te conoscere"?

"Conoscere è conoscersi. Finché non avviene in modo approfondito, ciò che si ignora di sé, ciò che si nasconde, sarà sempre fonte di pregiudizio nel mondo esterno. Accade ancora che molti individui "adulti" si indignano, si meravigliano di certi tipi di violenza, si chiedono come mai sia possibile che l'essere umano arrivi a tanto. Si chiedono come mai il partner si comporta così, cosa c'è di oscuro, folle, imprevisto, nel suo modo di fare e di comportasi. Cercando di capire "lui" non lo sapranno mai. Non lo sanno, non perché non conoscono quella mente, ma perché non conoscono la propria. Chi cerca di capire al di fuori di sé, non troverà mai nessuna risposta. E' possibile studiare, viaggiare, fare esperienze, ma se questo mondo esterno non è integrato come elemento di continuità del mondo interno, fare qualsiasi esperienza non farà altro che ampliare l'ignoranza. L'unica ignoranza reale non è un non conoscere nozioni, ma un non sapere come funzioniamo e perché."

"L'auto indagine è necessaria quindi".

"L'auto indagine è necessaria per individui razionali. Chi è cresciuto con la fantasia, non ha mai realmente diviso il mondo tra fuori e dentro. Diciamo che chi ha molta immaginazione, paradossalmente, è più vicino alla verità."


DIALOGHI: Meditare è utile?

"Meditare è utile?"

"Se non senti qualcosa, non farla. Se ti chiedi se è meglio farla o no, non farla. Se ti chiedi se stare o no con la tua fidanzata, non starci. Se poni la domanda, significa che c'è resistenza. Significa che non ti è naturale, che non c'è risonanza. Se avverti resistenza, non fare nulla. Dedica il tuo tempo a qualcos'altro, anche al niente assoluto, ma dedica pienamente tutto te stesso. Se non sei in grado di sentire ciò che fai, smetti di tentare di riempire i vuoti. Cosa significa "è utile"? Utile per cosa? per chi? No, meditare è inutile, proprio come ogni altra espressione artistica, ed è proprio questa la sua bellezza. L'inutilità. Quando una cosa è utile, quando una cosa serve, è semplice materialismo. Se si cerca la meditazione e il risveglio per uscire da una situazione, allora è materialismo. E' una forma di enorme superficialità dedicarsi parzialmente a qualcosa, solo perché se ne cerca uno scopo finalistico. Non c'è poesia, non c'è bellezza, non c'è gioia, non c'è gusto. Perfino in ciò che porta ad un risultato, come uno sport o una disciplina marziale, se praticata per "utilità" o per giungere ad uno scopo lo si allontana sempre più."


DIALOGHI: infelicità

"Mi capita spesso di pensare alla mia situazione di vita ed essere infelice .."

"Capitano dei momenti senza pensare a questo, senza futuro. Dei momenti in cui sei talmente senza via d'uscita, senza soluzioni, che ti siedi e basta. Non ne vuoi sapere, nemmeno delle soluzioni. Se la tua infelicità è veramente totale, allora questi momenti di assenza di soluzione capiteranno spesso, in cui non potrai fare altro che sprofondare nella tristezza. Una tristezza senza rifiuto, senza risoluzione, senza fuga, diventa malinconia, e la malinconia diventa presto pace. Una pace in cui non vuoi niente, perché il fatto stesso di volere ti fa ripiombare nella frustrazione. Ti accorgi presto che più che essere interessato ad una soluzione alla tua infelicità, non riuscivi a stare con quella sensazione. Non era la soluzione "esteriore" il vero punto della questione, ma il non permettere alla paura di entrare a livello fisico, scivolare nel sangue ed entrare nelle ossa. In quella pace è possibile che qualche intuizione ti dia una direzione che non avevi nemmeno immaginato, perché tutti i pensieri che avevi fino a quel momento si concentravano solo in una circonferenza ristretta. Talvolta capita che qualcuno riceve una brutta notizia o fa un incidente, e questo lo costringe a rivedere le sue priorità. L'incidente, anche se duro, ti mostra la pretesa di concentrarti sul tuo misero problema, sul tuo concetto di infelicità."


DIALOGHI: La vera vita

D "Sostanzialmente hai capito di essere un animale, che per qualche strano motivo si auto castra e soffre perché casualmente ha sviluppato grandi doti di calcolo mentale? La vita vera è questa? La vera consapevolezza è questa?"

R "Ti senti superiore agli animali? Pensi che il tuo scopo sia superiore a quello di una zanzara che succhia il sangue per sopravvivere?
Oppure bisogna riconoscere che fondamentalmente non sappiamo nemmeno cosa sia un animale, e il nostro tentativo di definire è un continuo ridurre tutto alla nostra presunta intelligenza superiore?
Mi spiace, se pensavi che esistesse uno stato che andava al di là, riceverai un'amara delusione. Ma è una delusione profondamente utile per la comprensione. La vita è già infinitamente piena così com'è, è il nostro sguardo alla ricerca di qualcosa di più appagante che ci fa vivere tutto con riduzione. Se non sei in grado di stupirti nel vedere il muro di casa tua, non troverai mai niente di meglio, perché cercherai sempre qualcosa di più. Ed è questa ricerca l'origine di ogni frustrazione, violenza, bisogno, sofferenza. Il credere che ci sia altro, il non vedere la pienezza in ogni singolo istante. Se questo è essere come un animale, allora la risposta è sì. Felice di essere come un animale.
Se poi in cuor tuo credi che "non sia tutto qui", nessuno ti vieta di cercare e di sperimentare. Le parole "vera vita", "vera consapevolezza" "anima", "autocoscienza", sono tutte lì, belle ed affascinanti, sempre per nascondere la vera natura dell'ego che vuole evitare il contatto con la sua miseria, con la sua pretesa di essere di più, di essere superiore o di raggiungere qualcosa di definitivo e di stabile.
E' dunque questa la "vera vita"? No, questa è la miseria. Un inconscio senso di superiorità a tutte le specie intorno a noi. Un sentirsi separati dalla natura, dal corpo, dalla bellezza di una pianta, dalla carezza del vento ...
La vera vita è alla portata di tutti, ma a noi piace sognare. Ti vuoi svegliare o vuoi un sogno più bello?
Le due cose non vanno a braccetto. o ti svegli alla realtà, o continui a cercare altri sogni. Niente di male, ma sii onesto nella risposta."


DIALOGHI: l'ultimo desiderio

"Finché il desiderio di pace non è così forte, ogni minimo rumore mentale può disturbarlo, ogni piccola offesa, fino ad inventarsi modi per sfuggire dalla noia, o creare problemi per ricordarsi di essere qualcuno." 

D "Il mio desiderio di pace è fortissimo, allora perché non la sento"?

"Il desiderio di pace non è ancora la pace. Infine anche il desiderio sparisce. Questa pace non è dei sensi. E' qualcosa che non ha niente a che vedere con ciò che sei, o con ciò che accade. E' la base di ogni emozione, incontro, pensiero e sensazione. Limitati a desiderare la pace con tutto te stesso. Come? Guarda come crei ogni tipo di pretesto per volerti sentire al sicuro, per ottenere sensazioni piacevoli rinunciando all'altra parte di te che nemmeno conosci."

D "Vincere le paure"?

"No. Vederle. E' sufficiente vederle. Non si chiede di cambiare, non si chiede di ottenere, non si chiede di vincere le paure e diventare più coraggiosi. Vinte delle paure se ne creeranno altre. Si chiede, semmai, di vedere come funziona il meccanismo: vederne la ripetitività, vederne le solite trappole, le solite giustificazioni. L'auto osservazione non è una pratica per giungere a qualcosa, ma un semplice constatare. Una volta che hai visto chi sei, non ti importa più il cambiamento o meno. Non sono cose sotto il tuo controllo. Si può giocare con le proprie paure, ma non è questo il punto. Devi imparare a vedere i tuoi limiti. Non tentare di superarli.  Questa pace non può essere trovata cercandola come un oggetto. Lo spazio è la pace. Quello spazio è sempre lì con o senza oggetti. Una volta che conosci lo spazio, allora potrai tornare a mettere tutti gli oggetti che vorrai."