lunedì 28 novembre 2016

DIALOGHI: Essere verità

"Desidera così ardentemente la verità, fino a diventarla. Quando sei verità, non puoi più scendere a compromessi con il vecchio mondo che creavi come ovvia risposta della tua paura di essere verità. Allora le perdite non saranno più traumatizzanti, tranne che per la mente che cerca sicurezza, ma funzionali alla maturazione. Scopri come la tua vecchia paura creava un mondo di falsità intorno a te, e come questa manteneva attività, relazioni, professioni, abitudini, magari successi, amicizie, che non ti appartenevano. La paura della solitudine, di rimanere senza lavoro, senza amici, senza allievi, senza maestri, senza partner, senza approvazioni e considerazioni, cede il posto al desiderio di chiarezza, ad ogni costo. Allora le perdite e gli addii non sono verso qualcuno, ma verso parti di te, e un aggiustamento nel quotidiano si rivela."


venerdì 25 novembre 2016

DIALOGHI: Permettere

"C'è qualche cosa che posso fare per velocizzare il processo di liberazione?"

"Non solo non puoi fare nulla, ma nemmeno vuoi. Nessuno lo vuole, sarebbe troppo pericoloso."

"Nemmeno chi decide di lavorare su di sé?"

"Il vero lavoro su di te non lo fai tu, lo fanno gli eventi. Nessuno può e vuole fare un lavoro su di sé, perché nessuno vuole suicidarsi psicologicamente. Ti mantieni disponibile, perfino alla paura di non poter far nulla. Saranno gli eventi a chiarificare la tua direzione, al momento giusto sarai messo alla prova. Se l'intento è onesto e non esclusivo, tutto ciò che accadrà sarà sempre accolto anche se, magari inizialmente, questo porterà dolore, sofferenza, dubbio, paura, smarrimento, resistenza. Se, per esempio, ti trovi in una situazione di lavoro o sentimentale che non desideri più, ma hai paura di abbandonare perché ti da sicurezza economica o affettiva, ci penserà la vita a permettere questo. Arriverai ad un punto in cui quella sofferenza sarà insostenibile, e sarai costretto a cambiare. Il tentativo di farlo volontariamente equivale a voler anticipare i tempi, perché non c'è sufficientemente fiducia. Quest'ultima la si acquisisce vedendo che ogni cosa che accade, se vista con l'ottica giusta, ti porta pian piano a chiarificare sempre di più e pulirti di quelle zavorre."


mercoledì 23 novembre 2016

DIALOGHI: Non violenza è violenza


"Non si sopporta la violenza perché si sente la possibilità di essere violenti. Ciò che al di fuori di noi si vuole condannare, reprimere, modificare, è sempre ciò che non vogliamo vedere in noi. La violenza del "mondo" diventa intollerabile quando siamo violenti.
La vera violenza inizia quando pretendo che il mio corpo debba essere diverso, la mia mente pura e silenziosa, le mie azioni buone e giuste, il mio carattere sensibile e altruista. Questo si traspone in tutto il resto: mia moglie non deve pensarla in quel modo, il mio cane dovrebbe abbaiare di meno, mio figlio dovrebbe prendere sempre voti al di sopra del sette e mezzo, e il ladro non dovrebbe rubare.
Non si vuol vedere come la violenza è vita, e dunque si ha paura della vita. Essa è violenza fisiologica, la natura stessa è violenza. La situazione mi presenta costantemente ciò che rifiuto in me quando rifiuto la situazione. Ogni occasione è preziosa per vedere quanto siamo violenti contro la violenza. Le intenzioni di pace, di fratellanza, di giustizia, sono l'inizio di ogni guerra."

martedì 22 novembre 2016

DIALOGHI: Dire ciò che si pensa




"La paura degli altri mi blocca, sopratutto in campo professionale."

"Non dire ciò che si pensa è più faticoso di dirlo.

Il corpo sente l'impulso, e questo viene bloccato. 
Questo perché abbiamo imparato a tradirci ed essere premiati per questo. 
Ad un certo punto una forma di maturità porta ad una domanda: è più importante la propria salute, o mantenere sempre alto il livello di considerazione positiva nei nostri confronti? 
Ed ecco che la rabbia, la reazione, la parola, l'azione, diventa totale, pura, senza psicologia. Diversamente sarà solo un accumulo.
Questa maturità modifica la realtà, o meglio, costringe il mondo a ripagare il coraggio di essere se stessi."




sabato 19 novembre 2016

DIALOGHI: Aggressività

"Spesso mi vedo aggressivo con gli altri. Ho difficoltà a trattenere certi comportamenti, e mi rendo conto che proprio non riesco ad evitarlo. Hai qualche consiglio?"

"Cambiare il comportamento è solo una questione di immagine. Si cerca di non essere aggressivi con la moglie, ma lo si è con il cane o con l'autista del bus. Si scopre semplicemente che è più facile prendersela con il cane o con l'autista del bus, o magari con il politico che nemmeno può sentirti, piuttosto che con la propria moglie. Sarebbe poco conveniente per il tuo matrimonio.
Non puoi togliere l'emozione che crea aggressività, puoi solo spostarla.
Non ci sono nemmeno motivazioni profonde e nascoste da comprendere. Si diventa disponibili a sentire la propria aggressività non nelle ragioni, ma nei pugni che si stringono, nelle mascelle e al centro tra le sopracciglia. Si guarda la propria aggressività senza giudizio morale, come una rappresentazione teatrale. Ad un certo punto la tua aggressività non ti aggredisce. E' possibile che questa aggressività si riduca gradualmente se sentita nel corpo senza storie. A quel punto le azioni successive diventano possibili: ti iscrivi in un corso di boxe, o magari lasci la moglie. Ma se lasci la moglie credendo che sia lei a causare la tua aggressività, allora lo sarai anche con la prossima. Ti sentirai aggredito perfino da un sorriso. Il cambiamento è possibile solo se c'è chiarezza, altrimenti si cambia solo vestito. Il temperamento di base magari rimane, ma il senso di un'identità che debba cambiare qualcosa si elimina, e si rispetta ciò che risuona."




DIALOGHI: Società del fare

"Nella società del FARE chi si ferma è perduto ..
"Chi dorme non piglia pesci", "il tempo passa e non ritorna più"...
Mentre la natura ci insegna che ogni cosa matura da sé e al momento giusto senza forzature, l'essere umano quasi esclusivamente occidentale si sente pressato da una vita non sufficientemente soddisfacente nel suo essere fine a se stessa. Ed ecco che se non FAI sei un nullafacente.
Se nel tuo lavoro fai ciò che va fatto al meglio, poco ma bene, non lavori abbastanza.
Se non annuisci mentre qualcuno sta parlando e non dai un'opinione immediata, non stai ascoltando.
Se non ti fai sentire, sei disinteressato.
Se non urli, nessuno ti sente.
Se non combatti e competi, sei un perdente.
Se non credi a qualcosa, sei "non classificabile".
Se non bevi il cibo, sei lento.
Se non ti informi dei fatti del mondo, sei "fuori dalla realtà" ..
Se sei silenzioso e solitario, sei asociale.
Se sei triste, dovresti essere felice.
Se non ridi, sei depresso e dovresti ridere di più.
Se non pensi a niente, sei strano ..
C'è sempre qualcosa da FARE per cambiare le cose..
Tutte le patologie legate a quel senso di Dover Essere, Dover Arrivare, Dover Afferrare, Dover Opinare, ecc. sono legate a quella paura del vuoto, del silenzio, del nulla, inevitabilmente presente nella vita di ognuno.
Fai, fai, non importa se non c'è tutta la tua anima, se non c'è convinzione, se non c'è cuore, basta che fai, basta che arrivi, basta che produci, basta che concludi.
E' una cultura profondamente malata già dalle sue radici, che uccide letteralmente la cosa più preziosa che abbiamo, e cioè il silenzio, la creatività, l'arte, l'attesa, il sogno, la fantasia, il respiro"


giovedì 17 novembre 2016

DIALOGHI: Mente e pensieri



"Esiste qualcosa oltre la mente?"

"Esiste la mente? Come puoi conoscere qualcosa senza la conoscenza stessa su di essa? Prima di chiederti se esiste qualcosa oltre la mente, chiediti se esiste la mente, se esisti tu. Ogni cosa è creata dal pensiero, perfino la mente."

"Quindi esiste il pensiero ..."

"Esistono le parole per comunicare, ma oltre la conoscenza che abbiamo, non possiamo sapere nulla. E' pericoloso questo messaggio per chi crede di sapere qualcosa. Diciamo che, per questioni di semplificazione, usiamo ciò che viene definito pensiero per raggiungere uno scopo, poca differenza fa se materiale o spirituale, tanto è la stessa cosa. Un'energia nata dall'emozione di insoddisfazione crea oggetti del desiderio, un po' come immaginare qualcosa oltre la mente. Perfino i sogni lucidi, viaggi astrali o qualsiasi altra forma di attività oltre il convenzionale modo di vivere non dimostrano niente, perché non sono meno misteriose del mouse sopra la mia scrivania. E' il pensiero che decide cosa è superiore o inferiore, ma è sempre attraverso questo che facciamo esperienza. Il pensiero non si crea, è una risposta ad uno stimolo. Ma anche questo è poco esatto. Il pensiero interviene per codificare lo stimolo ma, prima del pensiero, non è possibile dire che c'è un soggetto (me) che sperimenta quella cosa lì (stimolo). Stimolo e risposta sono un unico movimento, non c'è tempo né distanza."

"Non è possibile osservare i pensieri?"

"Dove sei tu rispetto ai pensieri? Dove sono i pensieri? Come puoi mai osservare un pensiero? Esiste un movimento unitario, che il linguaggio definisce in un certo modo. Non cercare le risposte, fatti le giuste domande. Non fare domande che fanno tutti, fai le tue."

"Il corpo però esiste..."

"Il corpo è uno strumento di percezione, ma se l'attenzione non è localizzata, il corpo non è altro che un oggetto proprio come il cellulare. Prima di dire "il mio corpo" devi pensarci. Senza pensiero, dov'è il corpo?"


"Ma io guardo la mia gamba"

"Tu non puoi guardare. Guardi la tua gamba, ma essa è creata dalla conoscenza che ti hanno immesso. La percezione non ti dice che è una gamba, e nemmeno tua. E' la conoscenza che è stata inserita nel tuo computer quando eri piccolo che ti fa dire "gamba". Non guardi mai niente, solo proietti conoscenze su ciò che guardi. Il pensiero protegge se stesso."

"E' reale dunque ciò che viene poco prima del pensiero?"

"Reale o non reale, sogno o realtà, vero o non vero, vita o morte, sono concetti. Anche il pensiero è un concetto. Non c'è modo di sperimentare qualcos'altro oltre la conoscenza che si ha."

"Quindi siamo in trappola"


"Quale trappola?"

"Quella del pensiero. Lo scenario che si apre non è per niente promettente.."


"Per il pensiero stesso che vuole continuità, no di certo. L'unica trappola è il concetto che hai di pensiero. L'idea di poter muovere il corpo attraverso la tua volontà ti fa credere di essere un oggetto separato dal resto, e quindi nasce la paura. Il tuo corpo è mosso, non sei tu a muoverlo. Questo è sperimentabile.
Un bambino, per esempio, è un essere lucido. Da adulti si viene a creare uno scarto di tempo brevissimo tra ciò che percepisci e ciò che concettualizzi. Se qualcuno ti chiama, ti giri. Normalmente però oltre a questo gesto accade l'idea di "io mi sto girando" accompagnato al senso di esistere come protagonista dell'azione. Lì nasce il problema. Esiste un breve lasso di tempo di vuoto tra la percezione e la denominazione di ciò che percepisci. Questo è più evidente in situazioni difficili quando la mente è costretta a fermarsi."

"Come possiamo mantenere questo stato di vuoto"?


"Cerchi di utilizzare il pensiero per raggiungere il non pensiero. Ovviamente la battaglia è persa in partenza. Non puoi mantenere quello stato, perché non ti appartiene e perché rischieresti di finire in manicomio."

"Ma a te è successo?"


"Cosa?"

"Liberarti dall'ego."


"L'ego è un pensiero abituale che dice di aver compiuto l'azione. E' vero che l'azione è accaduta, ma pensare, fare, dire, non sono un fatto scientifico che un qualcuno li abbia prodotti. L'ego è questa attività. Il pensiero non è scelto, arriva. Decidere di pensare è un altro pensiero già arrivato."

"Se io decido ora di prendere il bicchiere?"


"Non puoi separare ciò che stai leggendo qui dal pensiero. Non hai scelta, non siamo divisi. Il fraintendimento è questo. Preghi, ad esempio, per la guarigione di una persona che ami. La persona guarisce. Dirai che è stata la preghiera ad averlo salvato, grazie a Dio. Ma se disegni una cornice intorno a questi due eventi, la preghiera non ha causato la guarigione. La relazione tra gli eventi è una storia, se guardi la totalità niente ha causato niente. Non avresti potuto agire come hai agito se quella persona non si fosse ammalata. Non avresti potuto fare queste domande se io non ti scrivessi certe cose. Chi causa cosa? Se guardi bene ogni azione è l'interezza a compierla, non tu. Si potrebbe dire che tu sei anche ciò che ignori di te. E' inutile tentare di raggiungere la non separazione o la non dualità, se sei già in quello stato. Si cerca di dimostrare quanto inutile sia ogni tentativo di separarsi dal resto. E' questo senso di esclusività che ci fa credere di essere superiori alle altre specie."

"O inferiori .."


"E' lo stesso. Vogliamo solo essere separati per poter esistere individualmente. Per poter dire "i miei problemi, i miei meriti, le mie paure, il mio ego, la mia anima, il mio maestro, mia madre, i miei denti." Allora si può facilmente finire all'altro eccesso, in cui la spiritualità romantica produce un senso di appartenenza, solitamente emotivo positivo, in cui ci si sente non separati. Non ha senso! si è sempre non separati, anche se decido di ucciderti in questo istante. L'uomo che uccide è parte del tutto. Non è necessario abbracciarsi per dimostrare l'assenza di distanza."

"La psicologia, o comunque tutti gli interventi anche dei guru, maestri, ecc.,  dove la collocheresti in questo ambito?"

"Non ci sono problemi, ma solo soluzioni. Le soluzioni che ci offrono non ci aiutano a risolvere i problemi, perché non ci sono problemi. Se tu avessi un problema con una grossa ferita, qualcuno potrebbe aiutarti a fasciarla, magari salvandoti anche la vita. E' un fatto. I restanti problemi sono puramente auto perpetuanti. Significa che abbiamo bisogno che qualcuno ci dica che siamo depressi, folli, incoerenti, malati, per poterci dare da fare a trovare le soluzioni. La fine della soluzione è la fine del problema. Noi abbiamo bisogno della paura, perché senza di questa sarebbe la fine del pensiero."





domenica 13 novembre 2016

DIALOGHI: Cosa è favorevole alla crescita?

[ .... ] " ... in una situazione senza possibilità di lavorare interiormente"

"Si ha l'illusione di credere cosa sia favorevole alla crescita interiore e cosa no, cosa mi serve e cosa non mi serve. Come faccio a saperlo? Chi mi credo di essere per saperlo? Crescita è una parola ingannevole, perché la vera maturazione passa sempre per una perdita di riferimenti, e non è volta all'acquisizione. Fare yoga o essere vegetariani non è detto che sia favorevole, perché ci si immagina più puri in queste attività. Niente di ciò che siamo profondamente è puro o impuro, niente nella realtà può essere purificato o sporcato. E' facile prendersi per persone spirituali quando si può meditare la mattina, mangiare il cibo che si vuole, evitare magari di innamorarsi e non esternare alcuna rabbia. Cosa succede nei momenti in cui mancano i libri profondi? In cui non ci sono maestri a disposizione e quando non c'è il tempo di meditare? Se dobbiamo improvvisamente partire per una guerra, se bombardano casa nostra, se perdiamo una gamba? In questo modo possiamo vedere a che punto siamo realmente. Non sto dicendo che sono situazioni necessarie per la crescita, ma non possiamo assolutamente dire cosa sia favorevole e cosa non lo sia. Alcune scosse che diciamo essere sfavorevoli sono, invece, proprio ciò che ci serve per rimuovere l'illusione di essere illuminati ed essere giunti da qualche parte. Se pensiamo che il guru sia favorevole e la mamma odiosa no, siamo in una fantasia.

"Dunque cosa è favorevole?"

"Tutto è favorevole quando l'indagine è una cosa seria. Chi dice questo si e quello no, non è onesto nella sua visione e non riesce a vedere che ha paura e cerca di coprirla. Favorevole è ciò che si presenta. Se sono povero, questo è favorevole. Se sono ricco, questo è favorevole. Se vengo lasciato, questo è favorevole. Se provo dolore, questo è favorevole. Ma se sono triste e cerco di meditare per stare meglio, non sono onesto. Se nel luogo in cui sono mi sento sfavorevole e penso che sia meglio andare in India dal grande guru, sto ancora sognando."

"Non dovremmo allora muoverci mai?"

"Impossibile, la vita è movimento, cambiamento. Semmai se ti muovi credendo di dover trovare qualcosa di favorevole da qualche altra parte piuttosto che qui, potrai anche farlo ma non troverai che delusione e frustrazione. Il vero cambiamento è possibile solo se la si smette di credere che il cambiamento è favorevole rispetto a qualche altra cosa. Chi crede di aver bisogno di qualcosa, è pericoloso. Cercherà sempre di prendere, amore o soldi, fa poca differenza."





sabato 12 novembre 2016

DIALOGHI: Chi crea?



"Creare la propria realtà è possibile. Quando manifesto un pensiero con una certa energia, poi di solito si avvera ..."

"Ciò che si avvera non è il tuo pensiero, ma il presentimento. Quello che chiami "tuo" pensiero, nasce in risposta ad un presentimento. L'atmosfera cambia, un po' come quando senti a distanza che un'amico si è fatto male, sta per piovere, in quel luogo tornerai, quella persona si rifarà sentire ...
Non c'è merito personale in questo, è un ingenuo errore di valutazione. Senti il cane, magari lo sogni, dopo due settimane un'amica ti presenta un cucciolo che non può tenere. Pensi di averlo creato, ma in realtà hai solo presentito. Nessun potere, quando si vive intensamente il presente il futuro è chiaro, è adesso. Il dualismo tra me, il pensiero creatore e l'oggetto creato, è una visione molto parziale. Un po' come credere che esista una Madonna che fa i miracoli. Il miracolo magari avviene, ma la Madonna è un'immagine. Non c'è separazione tra me e l'oggetto del desiderio, tra me il famoso Dio. Anche prendersi per Dio è un'errore. Per fortuna la vita è più saggia, sa sempre di cosa abbiamo bisogno, e non sempre ciò che ci accade è ciò che vorremmo, per fortuna. Immagina un potere enorme nelle mani di un bambino capriccioso. Solo con il senno di poi realizziamo che ciò che è accaduto era scientificamente inevitabile, ed era l'unico modo che avevamo per maturare. Noi non possiamo sapere cosa è meglio per noi, perché il "me" non può cercare che la sua sicurezza fisica e equilibrio ideologico. Se potessimo davvero creare la realtà, sarebbe un disastro! Per fortuna la realtà è già perfetta com'è, e noi non possiamo essere separati da questa. Inoltre non creiamo niente, è già tutto a disposizione."

"E allora chi crea?"

"Perché cerchi di sentirti meglio mentalmente? Non puoi lasciare tutto com'è? misterioso, aperto, indefinibile? Lo fai per paura di non poter controllare, di non avere potere su questo. E' sufficiente guardare il proprio passato, e osservare che vedi tante immagini. Nessuna causa, nessun effetto. Nessun prima, nessun dopo. Nessun me, nessun lui, nessun mondo. Vedi delle immagini, in quelle immagini rivedi tante "te" all'interno di un contesto. Puoi separare quelle "te" dal contesto? Puoi dire che il tuo pensiero, in un dato momento, sia nato spontaneamente? No. Per il semplice motivo che non c'è distanza tra te, l'evento e il pensiero. E' un tutt'uno, un unico blocco di realtà, un unico quadro che non può essere diverso di un millimetro da com'è. E' perfetto, indiscutibile, inopinabile. Le tue azioni sono scaturite in reazione a qualcos'altro, sempre. E' sperimentalmente osservabile, nulla di romanticamente spirituale."





 

giovedì 10 novembre 2016

DIALOGHI: Controllo




"Si ha paura di ciò che non si può controllare. Finché posso raccontarmi che ho sognato mentre dormivo, la paura è rimandata. Quando dico a me stesso che Dio è buono, che sono una persona per bene, o che merito una punizione, che mi sento in colpa, che sono codardo, rimando sempre il contatto con la paura. Qualsiasi storia posso raccontarmi va bene, anche la più terribile, ma non sia mai che rimango senza un qualcosa che dia un senso alla mia esistenza. Potrei scoprire che non ho controllo su niente, nemmeno sui miei pensieri, su quelli che dico essere i "miei" pensieri. Ho bisogno di poter credere, di poter controllare qualcosa, gestire, trasformare. Il terrore che mi metterebbe di fronte a questo dato di fatto, mi porta a cercare sempre qualcosa a cui credere, qualcosa per cui o contro cui combattere, a cui aggrapparmi, su cui sperare. Poca differenza fa se si tratta di mia moglie, del mio cane, del mio guru, della mia anima, del mio libro, del mio prossimo figlio o l'illuminazione che mi aspetta. Per questo la gente è pronta a fare la guerra o a farsi saltare in aria per difendere un'immagine. Fa meno paura farsi ammazzare piuttosto che rimanere senza un motivo per cui esistere."

"Accettare, dunque, di non avere controllo?"

"Non c'è da accettare, non c'è il tempo né il senso. La situazione non ha bisogno del nostro consenso. Un'anziana si fa investire, si ha uno choc, sentire, ascoltare. Non posso impormi di accettare, perché dovrei accettare? Cosa dovrei accettare, trasformare o trascendere? Le gambe si ammollano, viene voglia di svenire, di vomitare. Ognuno reagisce a modo suo. Ciò che mi tocca psicologicamente non l'ho ancora risolto. Questo non significa rinunciare ad una compassione immediata, totale. Non c'è da scegliere se accettare o meno. Quando vediamo un uomo che sta annegando, il primo richiamo è quello di tuffarsi senza pensare e salvarlo. Non si sa niente di lui, non sappiamo nemmeno nuotare, eppure nel nostro istinto avviene questo richiamo spontaneo. Poi è vero, si fanno le valutazioni, ma quelle sono successive. Ritornando all'esempio di prima, si soffre per la donna anziana. Tuttavia la nostra sofferenza non aiuterà la donna, aggiungerà solo altro dolore. Questa sofferenza prolungata ed inopportuna ci impedirà di occuparci della nostra famiglia, del nostro cane, del nostro lavoro. Ad un certo punto, orgoglio, sofferenza, vanità, non sono altro che perdite di tempo e di energia. Ogni idea su di me, e quindi sulla vita, non è altro che un ingombro alla mia efficacia nell'agire. Ciò che non ci serve, se visto, va via al momento giusto. Ma se siamo vanitosi non c'è da accettarlo, è un fatto. Rimanere con ciò che c'è, e non è qualcosa che si può non fare. Ad un certo punto scopriamo che è inutile fare la guerra all'evidenza."

domenica 6 novembre 2016

DIALOGHI: Sincerità

"Riconoscere che non si vuole sincerità.
La verità ci costringe ad un capovolgimento interiore. 
Un cane morde un'altro cane, è sincero. La sua azione è totale, non c'è qualcosa che avrebbe dovuto fare e non ha fatto, non c'è residuo psicologico. E' accaduto, c'è azione. L'attimo dopo i due cani potrebbero tornare a scodinzolare. 
Un bambino piange, si arrabbia, urla, è sincero.
Da adulti impariamo a mentire, innanzi tutto a noi stessi. Vorremmo dire qualcosa, ma lo diciamo in un'altro modo. Poiché ci auto censuriamo, temiamo che gli altri lo facciano costantemente con noi. Poiché vediamo solo il lato esteriore, la forma, non possiamo andare in profondità, e ci sentiamo costantemente giudicati, offesi, urtati.
Nella sincerità nessuno ci urta, nessuno ci giudica. Siamo sempre noi stessi che, con il nostro rumore interiore, pretendiamo che l'altro possa urtarci.
Chi si sente giudicato, giudica."




giovedì 3 novembre 2016

DIALOGHI: Nessuno è sensibile

"Spesso mi sento urtato nella sensibilità. Al di la di ciò che dici, mi ritengo una persona particolarmente sensibile."

"Che significa "io sono una persona sensibile?"
La persona non può essere sensibile, perché cercherà sempre il suo tornaconto emotivo.
E' frequente prendersi per persone sensibili, quando invece si vuole compiacersi della propria fragilità affettiva con retrogusto sentimentalista. Vedersi come persone sensibili è solo un'altra immagine, molto utile nei contesti sociali convenzionali, che vivono nella separazione "io sensibile, tu no, io ferito tu non comprendi..."
La vera sensibilità, se è la verità che cerchiamo, inghiotte la personalità e il concetto stesso di sensibilità. Sensibilità è ascolto. In questo ascolto non può esserci posto per un io sono sensibile. L'io traduce questo ascolto per riportarlo al conosciuto, quindi alla sua convenienza.
In un ascolto senza riferimenti, senza cause, senza etichette, senza bisogno, si scorge la sensibilità che non è di nessuno, se non nel pulsare stesso di quella che chiamiamo vita.
Essere sensibili significa essere vuoti, disponibili, non fragili e romantici. Sentirsi urtati nella "propria" sensibilità è sintomo di mancanza di sensibilità, perché nell'ascolto niente può urtarci se non noi stessi. Quando si oppone resistenza, non si ascolta. Quando ci si sente toccati personalmente, si ascolta questo malessere senza pretendere di essere qualcosa. Non tradurre le tue paure appiccicando etichette, come quella di persona sensibile."