lunedì 7 settembre 2015

Muori e rinasci all'esperienza









Nessuna esperienza ti cambia veramente. L'esperienza di un "io" è solo un'aggiunta, un altro oggetto sommato nel tempo che passa. L'esperienza preziosa è quella che non lascia il bisogno di essere ribadita e compiaciuta in quanto accumulo. Quando ci si ritrova in una situazione nuova e con la capacità spontanea di utilizzare al meglio le proprie risorse, allora questo è l'unico modo produttivo in cui le esperienze precedenti danno il loro contributo. Non c'è bisogno di intenzionalità in questo, avviene da sé, accompagnato dalla situazione che si affaccia. Nessuna esperienza è reale, così come l'io che la fa. L'io che lascia andare l'esperienza, con il suo sapore malinconico, e l'io che muore. L'emozione che ne scaturisce deve inglobare questa falsa identità. Finché il senso di identità che esperisce è presente, l'emozione non sarà mai totale.






Una volta esaurita l'esperienza, non lascia nessun residuo, se non nella memoria. Non si tratta nemmeno di lasciarla andare, va via così com'è arrivata. Che bisogno c'è di incorniciarla? Che bisogno c'è di farsi belli ed esperti? L'io dell'esperienza è morto con l'esperienza, affondato nel ricordo, piacevole o meno. Ogni "io" nasce e muore, non c'è nessuna continuità se non nella memoria.  Le capacità apprese rimangono nella memoria corporale, così come il ricordo carico o no di emotività. Chi vive nel passato non fa che confrontare le esperienze, e in realtà non permette a nessuna di queste di essere nuova.





 Quando non rimane nient'altro che l'immediato senza filtro psicologico, allora si può dire di aver vissuto realmente quell'esperienza. L'io e l'esperienza sono un tutt'uno, appaiono e scompaiono insieme. Il ricordo di un evento passato rievoca non solo il ricordo, ma anche il "me stesso" all'interno del ricordo. Non c'è solo un quadro con un paesaggio, ma c'è anche il "me stesso" all'interno di quel paesaggio. Se ricordate un evento, ecco affacciarsi anche il ricordo del vostro corpo in quella scenografia. Ed ecco la vita che consiste in fotogramma dopo l'altro, dove l'ambiente circostante non è separato da chi la esperisce. Un unico blocco di realtà, un unico ricordo. Ecco che, di conseguenza, chi si fa carico delle sue esperienze non ha realmente vissuto nessuna di queste. La paura di non essere nessuno nasce dall'intuizione della verità, e cioè che non c'è nessuno dietro quelle maschere.





Si continua semplicemente a ribadire il proprio "se stesso", distorcendo la bellezza del nuovo per renderla nota e comprensibile. Ogni situazione che si presenta è completamente nuova, anche se apparentemente simile, ma per paura l'io la rende nota. Questa è la cosiddetta esperienza dell'uomo anziano, vissuto, ma che in realtà di "tanti" ha solo gli anni. Ed ecco che la vecchiaia diventa una grande opportunità di liberarsi da tutte le esperienze per vivere una morte senza il peso dell'accumulo a causa di un "io" inesistente, l'ultima occasione di liberarsi dalla morsa del pensiero che cerca continuità.