sabato 30 aprile 2016

DIALOGHI: Pensiero fisso


"Se hai un pensiero ricorrente, non far finta che non ci sia. Seguilo eventualmente. Se c'è rabbia, disgusto, violenza, non dipingerle di rosa, non cambiarle. La tua natura non ha morale. Non cercare di amare tutti, permettiti di sentire repulsione lì dove si manifesta. La tua vita non ha coerenza. La tranquillità si dispiega quando il desiderio che ciò che c'è sia diverso, mostra il suo limite ovvio e fondamentale. La pace non si trova fuori dal conflitto, ma si ascolta quando si lascia in pace perfino il conflitto. Non esiste libertà in una prigione perfetta, comoda e confortevole, dove nessuno può entrare, perché tu non puoi uscire. Accogli i limiti della tua personalità e lasciali annodarsi e sciogliersi da soli."

DIALOGHI: Chi sono?

"Cosa sono io, chi sono io?"

"Una forma di abitudine"

"In che senso"?

"Il pensiero crea il linguaggio e viceversa. Tu sei una definizione di questo linguaggio. Non puoi che conoscerti attraverso una definizione, se è una definizione che vuoi".

"Altrimenti"?

"Altrimenti non sai chi sei o cosa sei, e non ne fai un problema. Qualsiasi definizione scientifica, come essere umano o spirituale, coscienza, consapevolezza, anima, o religiosa, come figlio di Dio o cristiano, sarà sempre schiava di un linguaggio nato dal pensiero, che a sua volta è creato chiaramente dalla cultura in cui vivi. Senza cultura, senza pensiero, non potrai mai avere una definizione di te. La domanda mia quindi è, ce la fai a stare senza un'idea di te?"


DIALOGHI: Aiutare


"Cercare di salvare non serve, perché nessuno ha bisogno di essere salvato. Nessuno è nella strada sbagliata e nessuno è in pericolo. Ognuno svolge il ruolo che può svolgere, in base al livello di coscienza in cui si trova. C'è chi gioca a fare l'avvocato, chi lo spirituale, chi il parroco, chi il ladro. Un'automobile investe una vecchietta, un bambino dall'altra parte del mondo insegue una farfalla, un amore finisce dopo tanto tempo. Non c'è il tempo di pensare, la vita è troppo rapida, troppo ricca. Ognuno fa il passo che si trova a fare.
Si condivide, dunque, qualcosa che è oltre ogni manifestazione. Si condivide un presentimento di un silenzio che accomuna ogni mutamento, ogni pensiero, ogni azione. Se si condivide questo, nessuno ha intenzione di salvare o insegnare. Cosa si potrebbe insegnare? Cosa mai si potrebbe dare o ottenere, se si sta parlando di ciò che non fa parte del movimento? Insegnanti e anti insegnanti giocano lo stesso gioco di fraintendimento."




"Ma l'aiuto è necessario"?


"Non si insegna, si è da esempio. Si è un'ispirazione. Non si aiuta, si è al di fuori di una certa situazione, e quindi si è lo stimolo per uscirne. Nessuna pretesa di aiutare o di insegnare. Niente viene trasmesso se prima non si fa spazio, e quello spazio, quel silenzio, non si insegna. Se non ce l'hai, non lo puoi trasmettere.
Non si può dare nessuna felicità, nessuna sicurezza, nessun aiuto. Si può solo arrivare ad un punto dentro se stessi, in cui non è necessario nessun atto di volontà per aiutare, salvare, convincere. Chi non è uscito da una situazione, chi non ha approfondito le sue paure, solitamente cerca il modo di risolvere il problema aiutando gli altri per sentirsi meglio. E' un altruismo egoista.
Approfondire la propria solitudine, il proprio disagio, imparare a sentire le proprie emozioni senza veli e senza commenti, è un aiuto per se stessi e, contemporaneamente, per gli altri. Quando nel traffico trovi una via per uscire, chi ti sta dietro avrà, di conseguenza, più spazio, Ma se cerchi di creare spazio rimanendo in mezzo, creerai solo più caos. Aiuta te stesso, innanzi tutto. Non puoi trovare nessuna guida se non butti le stampelle."


[ ... ]


"Aiutare significa aiutarsi, spostarsi in un'altro piano. Si confonde l'aiuto con la consolazione. C'è chi sta male realmente, e vive dentro di sé con rispetto e con profondità quel dolore, e c'è chi cerca considerazione come un bambino che urla sempre più forte. Volere consolazione e dare consolazione, significa voler rimanere e far rimanere nello stesso punto. Significa dare importanza ai MOTIVI legati alla sofferenza. Mentre, chi rispetta la propria solitudine, tristezza, dubbio, confusione, non cerca di risolvere i motivi esterni, ma decide di fare un capovolgimento interno.
Aiutare non è consolare. A volte, per aiutare, è necessario lasciare completamente sola la persona che cerca un appoggio. Spesso è necessario togliere gli appoggi, lasciare cadere la persona in un quel vuoto oscuro per farglielo conoscere, anziché tendere sempre la mano. Inoltre, per tendere la mano, tu quel vuoto devi averlo superato. Altrimenti l'altra persona ti tirerà giù con lei. Molti non vogliono essere aiutati, vogliono tirarti giù con loro. Hanno deciso di suicidarsi, e per dare valore ai motivi legati alla loro sofferenza, non vogliono morire soli"

DIALOGHI: Meditare è utile?

"Meditare è utile?"

"Cosa significa "è utile"? Utile per cosa? per chi? No, meditare è inutile, proprio come ogni altra espressione artistica, ed è proprio questa la sua bellezza. L'inutilità. Quando una cosa è utile, quando una cosa serve, è semplice materialismo. Se si cerca la meditazione e il risveglio per uscire da una situazione emotiva, allora è materialismo. E' una forma di enorme superficialità dedicarsi parzialmente a qualcosa, solo perché se ne cerca uno scopo finalistico. Non c'è poesia, non c'è bellezza, non c'è gioia, non c'è gusto. Perfino in ciò che porta ad un risultato, come uno sport o una disciplina marziale, se praticata per "utilità" o per giungere ad uno scopo lo si allontana sempre più."

DIALOGHI: Corpo o mente?

- "Come capire se un bisogno è del corpo o della mente"?

"Ascoltandosi. Sono necessari dei periodi di privazione di certe attività per riequilibrare la struttura. I bisogni del corpo sono molto semplici. Un corpo è interessato solo alla sua sopravvivenza, quindi ogni altra attività imposta è mentale.Tuttavia capisci bene come dividere le due cose significa fare un'enorme riduzione."

- "Quindi sarebbe sufficiente mangiare, bere, defecare ..."

"E' sufficiente togliere potere al pensiero. Quando togli potere al pensiero non giudichi più le tue attrazioni o repulsioni. Le lasci li. Non credi più che quella scelta ti porti il completamento che ti serve. Ciò magari non elimina l'atto o il desiderio o la patologia in sé. Ma non è un problema più per nessuno, dal momento in cui non c'è nessuno. Che poi io mi senta attratto più da una persona che da un'altra, più da un luogo che da un'altro, più da un cibo che da un'altro, fa parte del quotidiano. Lo decide l'istante, non io. "

- "La dualità corpo mente è problematica ..."

"Finché c'è la dualità corpo mente, c'è un problema. Ci si chiede dove inizi uno e dove finisca l'altro. Ci si chiede se i propri desideri siano reali o meno. Ma nel momento tutto è incluso. Nell'atto in sé, nell'istante, non c'è scelta e non c'è dualità. E' la perfezione. Pensatore e pensiero sono una sola cosa. Corpo e mente sono una sola cosa. L'azione, infatti, non è mai divisa. Il dubbio di dover andare da una parte piuttosto che da un'altra, l'idea di essere tirati da due forze opposte, nasce appunto dall'idea. Il corpo vuole una cosa la mente un'altra. E' un modo romantico di vedere la cosa. Nel momento c'è solo un manifestarsi di un movimento in una direzione. La confusione, il dubbio, il ragionamento, sono inclusi nel movimento, e non al di fuori. Non c'è il tempo di pensarci, e se c'è tempo di pensare a queste cose si vede che non si sta vivendo. C'è azione, c'è un solo movimento dietro un'altro. Ogni movimento è essenzialmente giusto."

- "E quando sento di negarmi un piacere per paura delle valutazioni mentali?"

"Tu non ti neghi niente e non accogli nulla. Non vai a letto con la tua amica perché sei fidanzato, anche se sentivi un impulso ad andarci. Torni a casa e continui a tormentarti per questo. E ti chiedi "come ho potuto pensare una cosa simile? ... però quasi quasi un pensierino lo farei ... no no! smetti di pensare a questo!" Credi dunque che ci siano due forze che ti tirano, e tu non sai in che direzione andare. Di fatto, però, la direzione è quella in cui ti trovi. Non c'è scelta in questo. Il dubbio è apparente. Lascia il dubbio alla conversazione psicologica."


DIALOGHI: Amore e contraddizioni


"Ti innamori di chi ti fa sentire meno solo, ti chi esalta i tuoi lati migliori, di chi ti tiene in considerazione. Hai bisogno di sentirti al centro nella mente e nel cuore di qualcuno. Desideri sapere se ti pensa, se sei la prima persona che gli viene in mente ogni mattina. C'è un lato romantico in tutto questo, ma anche, e soprattutto, disfunzionale, malato, perverso. E' una forma di fissazione e di masochismo psicologico. Cerchi in questo modo di mostrarti più bello/a, più intelligente, più forte, e poi ti affatichi a mantenere solida quell'immagine. Molto presto inizieranno i giochi di potere che ben conosciamo, e che facciamo sempre finta che siano normali."

- "Perché non ci si rende conto di questo stato disfunzionale"?

"E' un problema di origine culturale. La frase "ti amo", ad esempio, non si dice in tutte le parti del mondo, e non significa la stessa cosa. La mente viene condizionata fin da subito a trovare il completamento nell'altro, con tutti i contro del caso. L'altro diventa l'immagine su cui scaricare eventualmente tutte le proprie mancanze. Poiché è insopportabile la presenza di sé stessi, si cerca qualcuno un po' ingenuo su cui appoggiarsi per poter diminuire quel disagio, e costringerti a non guardarti mai dentro. E' sempre dell'altro la colpa o la responsabilità di renderci felici. La parola amore è troppo abusata, troppo ricorrente, un po' come quella di rispetto e di fiducia. Sono armi che l'ego usa per farsi strada, e sono armi accettate da tutti coloro che portano una maschera. Poiché la maggioranza porta la maschera, chi è senza diventa il problema. In un ospedale vedi così tanta gente che sta male che prima o poi, se lo frequenti a lungo, non ci farai nemmeno più caso."

- "Ma l'amore di per sé, può avere un significato più profondo?"

"Si, ma l'uso di questa parola non è necessario. Nel percorso interiore, una delle pratiche più difficili ed interessanti, potrebbe essere quella di eliminare dal proprio vocabolario parole come "amore, rispetto, gelosia, fiducia, fede, ...." Vedrai come, senza questi scudi, l'ego si sentirà in difficoltà. Senza queste giustificazioni facili e alla portata di mano, sentirai che dovrai rivedere le stesse basi su cui l'io si nutre."


domenica 3 aprile 2016

DIALOGHI: L'influenza degli altri

"C'è un modo per evitare che il pensiero e le emozioni degli altri mi influenzino?"

"Devi essere molto sveglio e presente per accorgerti che sta per partire o è partita l'emozione come paura, senso di colpa, fastidio, ecc. Quando te ne accorgi, quando la vedi, già il fatto stesso di vederla significa che non sei completamente identificato. Se senti l'influenza negativa, non sei influenzato! Il fatto stesso che la senti, indica che non sei totalmente dentro. Tentare di liberarti da quei pensieri genera ancora più lotta. Quindi, non tentare di non farti influenzare, ma prendi atto di questo movimento. Guarda questo non riuscire. Dì al massimo "non è un problema mio". Fine. Il fatto stesso che ne prendi atto, che lo vedi, genera lentamente uno sciogliersi di quelle rigidità. Se un cane ti morde e tu, per non sentire dolore, irrigidisci la mano e cerchi di toglierla, lui non si stacca e ti morderà più forte. Mantieniti rilassato e ascolta."


DIALOGHI: Scegliere

D " [ ... ] Quando scegliamo?"

"In senso assoluto mai. La scelta non è di qualcuno. Non si sceglie come si reagirà di fronte una situazione, se si inciamperà o meno, o il prossimo pensiero che si manifesterà. Non si sceglie mai. In senso relativo, parlando romanticamente, quando conosciamo. Puoi credere di scegliere il tuo colore preferito quando conosci il giallo, il rosso e il verde. Non vedi i tuoi limiti, credi che esistano solo quei tre colori, e pensi di scegliere. Ti presentano la religione dei tuoi genitori, e tu ti illudi di essere credente e di aver scelto di esserlo, ma in realtà non avevi scelta. Ti si presentano cinque facoltà per il tuo futuro, e tu scegli quella che ti dispiace meno, quando magari vorresti partire e dipingere per strada."

D "Ma ciò che non conosco non posso sceglierlo"

"Ma puoi non scegliere ciò che credi di conoscere. Puoi prenderti una pausa, e scavare meglio dentro di te. Puoi accontentarti della prima cosa che passa, oppure puoi scavare meglio dentro di te prendendoti tempo."

D "Ciò che mi impedisce di fare una scelta, di cambiare, è la paura"?

R "No, è la poca convinzione. Una scelta o è totale o non si compie"

D "Eppure molte persone scelgono anche quando sono poco convinte, non aspettano che la scelta sia totale. C'è il rischio che non si muovano mai".

R "Non si muovono ai tuoi occhi, perché stabilisci cosa sia azione e cosa non lo sia. Muoversi non necessariamente è azione, può essere semplice attività come qualsiasi altra forma di abitudine o di fuga. L'azione è anche microscopica, è anche all'interno di un'apparenta ripetitività. L'azione non ha scelta, è sempre totale ed inevitabile. Essa è determinata da fattori al di fuori della sfera personale, come in realtà tutto. C'è questa idea che l'individuo possa scegliere o meno, ma è la scelta a presentarsi inevitabile. A quel punto il cambiamento non prevede dubbi, perché è già stato preso. 

D "Dunque dovrei attendere senza far nulla"?

R "Impossibile. Devi fare sempre, l'immobilità non fa parte della vita. E' azione quando ti scappa la pipì, e non ne puoi fare a meno. E' azione quando ricevi uno schiaffo e reagisci. E' azione quando all'improvviso piove, e devi aumentare il passo. Come vedi i cambiamenti sono miliardi, solo che non li vedi perché immagini il cambiamento definitivo, quello che finalmente darà una svolta alla tua vita. Attendere o decidere è una forma di linguaggio, ma non è la realtà. Quando dai realtà al linguaggio, soffri. Guarda il tuo passato: sei veramente convinto che tutto sia dipeso da te?

D "Non tutto"

R "Niente. Se stiamo parlando di questi argomenti e non sei uno scienziato di te stesso, non abbiamo altro da dirci. Se sei uno scienziato, devi guardare al microscopio il funzionamento di quella che definisci la tua giornata tipo, delle scelte che credi di fare o meno. Prendere carta e penna, e determinare ciò che ti ha portato a scegliere o meno qualcosa. Osservare al microscopio come il pensiero ti faccia credere di essere un'entità indipendente che decide. Altrimenti no, parliamo d'altro, o non parliamo affatto.


DIALOGHI: Livelli di coscienza


"Puoi vedere "fuori" solo ciò che conosci di te
Si pensa che, vedendo qualcosa fuori, allora il bagaglio di conoscenze aumenti. No. Ciò che conosci fuori lo inserisci nelle vecchie cartelle inserite nel tuo cervello. Lo comprimi, lo normalizzi, lo filtri. Quando studi, non conosci. Quando studi aumenti la quantità dei dati. Non è conoscere, è sommare.
Per conoscere, per vedere, devi conoscerti. Se ti conosci come un'idea, come un passato, come un corpo, come un nome, come una credenza, sei solo un computer che si crede un'anima.
La maturità è un fenomeno verticale, non orizzontale. Il tempo che passa, il numero di esperienze, non implica maturità. Per vedere devi vederti, altrimenti pur avendo davanti qualcosa di nuovo vedrai sempre le tue vecchie conoscenze. Parliamo di gusti, di idee, di caratteri, di modi di pensare,di opinioni, ma in realtà esistono piani di coscienza differenti."

"Come valutare il livello di coscienza?"

"E' facile, vedi come la tua o la personalità altrui si sente offesa e si difende. Se parli con qualcuno e tocchi certi argomenti, possibilmente l'altro si chiuderà e reagirà. Prendere sul personale, è un forte sintomo di un livello di coscienza basso. Ecco il dramma delle relazioni: vogliamo sincerità, ma in realtà cerchiamo rassicurazione. Vuoi vedere chi realmente ti è amico? prova a dire ciò che pensi per tre giorni. Se qualcuno dice ciò che pensa, ci sentiamo indispettiti. Ci sentiamo così importanti da sentirci in diritto di offenderci. Una persona con un basso livello di coscienza troverà nella difficoltà una scusa per lamentarsi, non un'opportunità. In generale si vivrebbe meglio se ognuno si limitasse ad accettare i propri limiti, perché essi non creano problemi. Il problema nasce quando vogliamo essere rispettati e trattati in un certo modo. Conoscere è conoscersi. Non conoscersi è ignoranza, e l'ignoranza è violenza, sia psicologica che fisica."